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La cattedra inclusiva è utopistica

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Nel ringraziarVi per questo spazio di approfondimento, proverò a fare innanzitutto un’analisi dei dati del recente Report Istat sull’inclusione, anche perché, ad una prima lettura, essi lasciano assai perplessi in quanto segnalano una situazione complessivamente di sofferenza del sistema attuale.
Infatti, si osserva un crescente numero di certificazioni di disabilità, mentre il numero globale degli alunni è in fase irreversibilmente discendente.

Questo aumento si rileva  soprattutto nel passaggio dalla scuola primaria alle secondarie.
Questa situazione anomala potrebbe essere dovuta in piccola parte ad una migliore individuazione di casi , specie di problemi comportamentali prima non individuabili, ma, a mio avviso, soprattutto a causa della mancata formazione sulla pedagogia e didattica anche speciale dei docenti di scuola secondaria, sino ad oggi non tenuti per legge alla formazione di queste discipline fondamentali per sapere insegnare. Gli alunni, quindi, vengono considerati più facilmente con disabilità.

Preoccupa pure l’alta percentuale dei docenti di sostegno non specializzati. Per non parlare dell’alta percentuale di discontinuità dei docenti di sostegno nel passaggio da un anno all’altro, del 60% ed addirittura di quasi il 10% durante lo stesso anno.

A tal proposito la FISH  sta presentando una proposta di legge che rafforza indubbiamente la continuità didattica dei docenti di sostegno, con l’istituzione di apposite classi di concorso di sostegno per ciascun grado di istruzione; inoltre  si prevede pure la continuità per i supplenti per la durata del ciclo scolastico, nel rispetto delle graduatorie, ma con la prevalenza, in caso di parità di punteggio, per il docente che deve completare la continuità.

Questo orientamento è dettato dal principio di continuità didattica previsto dall’art 181 comma 1 lettera C n. 2 della l. n. 107/2015 sulla “ buona scuola” e dell’art 14 del decreto legislativo n. 66/2017.

Di fronte alle attuali “smagliature” dell’inclusione, tuttavia, la posizione di chi scrive è comunque di forte dissenso dalla recente proposta avanzata da Ernesto Galli della Loggia di ritornare alle “scuole speciali”.
Infatti, se la scelta dell’inclusione generalizzata, operata in Italia  da oltre 50 anni, è fondata, come lo è , su fondamenti pedagogici a partire dal prof Andrea Canevaro, gli attuali disservizi non sono una disconferma di tali fondamenti, bensì una mancata attuazione  organizzativa di tali principi, come mostrano i numerosissimi casi positivi.

Come d’altra parte non condivido neppure la recente PdL del Prof. Dario Ianes mirante ad istituire nelle scuole le cosiddette “cattedre inclusive”. La proposta originaria del prof Ianes era di mandare tutti i docenti di sostegno a svolgere attività disciplinare come organico aggiuntivo e costituire gruppi di docenti altamente specializzati , operanti a livello di ambito territoriale, itineranti tra reti di scuole a sostegno del sistema.
Questa idea non ha avuto seguito ed allora è stata avanzata questa nuova proposta, da  me e molti  ritenuta utopistica secondo la quale ogni  docente disciplinare dovrebbe destinare, obbligatoriamente, mezza cattedra a svolgere sostegno.
Infatti, bisognerebbe specializzare in alcuni anni tutti i docenti disciplinari con un costo enorme e con un intasamento dei corsi universitari di specializzazione impensabile. Inoltre questo sdoppiamento delle cattedre creerebbe una paurosa frammentazione dell’attività di sostegno che disorienterebbe gli alunni, specie con disabilità intellettive e relazionali.

Infine, a mio parere, servono subito i Decreti attuativi del D.Lgs 66/17. In primis, l’art 3 sulla formulazione del profilo nazionale degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione, attualmente differente in ogni regione e talora anche in ogni comune; ancora l’art 4 sulla formulazione degli indicatori per misurare la qualità inclusiva realizzata in ciascuna classe e scuola, al fine proprio di ridurre al minimo i disservizi denunciati

Vanno applicati pure l’art 5 sul profilo di funzionamento, perché, pur in presenza delle Linee guida emanate, la loro formulazione è terribilmente resa difficile e con tempi biblici, data la riduzione degli esperti sanitari , dovuta ai continui tagli alla spesa del SSN ed alla fuga dei laureati all’estero; l’art 6 sul progetto di vita, perché mancano i “punti unici di accesso”, evitando l’attuale situazione di frammentazione dei servizi ai quali le famiglie debbono rivolgersi; gli art 9 e 10 sulla costituzione dei GIT, che dovrebbero operare a livello di ambito in sostituzione dei GLIP, abrogati, essendosi creato un vuoto normativo assai grave; l’art 12 su una maggiore e migliore specializzazione dei docenti di sostegno, ormai divenuta troppo generica; l’art 13 sulla formazione  obbligatoria in servizio    di tutto il personale della scuola anche sull’inclusione; l’art 16 sull’istruzione domiciliare.

Occorrerebbe infine migliorare la l.n.79/2022 sull’anno abilitante che prevede pochissime ore di formazione sulla pedagogia e didattica speciale.

Questa migliore e maggiore formazione dei docenti curricolari permetterebbe così agli stessi di saper veramente prendere in carico il progetto inclusivo insieme ai docenti di sostegno, evitando finalmente la “delega” a loro degli alunni disabili, grave tallone d’Achille del nostro sistema inclusivo.

di Salvatore Nocera