Home I lettori ci scrivono La discontinuità didattica: una ferita aperta della scuola italiana

La discontinuità didattica: una ferita aperta della scuola italiana

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Durante uno dei primi consigli di classe di quest’anno scolastico, un episodio ha evidenziato uno dei problemi più gravi che affliggono il sistema educativo italiano: il precariato dei docenti e le sue drammatiche conseguenze sulla didattica.
Un genitore, legittimamente preoccupato per il futuro educativo del proprio figlio, ha chiesto: “Sarebbe possibile, per quest’anno e per gli anni futuri, mantenere gli stessi docenti senza sostituzioni continue?”
Una domanda semplice, ma che ci ha profondamente mortificati. Non per il tono, rispettoso ed educato, ma per il significato intrinseco della richiesta, che ci ha ricordato quanto poco controllo abbiamo sulle nostre vite.
Essere docenti precari significa essere pedine sacrificabili di un sistema che ci sposta da una scuola all’altra come se fossimo meri oggetti o numeri. Veniamo spesso costretti a lasciare studenti, colleghi e progetti incompiuti. Ogni volta speriamo che sia la volta buona, ma i nostri contratti fragili possono essere interrotti dall’oggi al domani, senza alcun preavviso.
È frustrante sapere che non possiamo garantire continuità educativa e che i nostri sforzi rischiano di essere vanificati da una precarietà che pesa come un macigno, sia professionalmente che emotivamente.
La discontinuità, però, non è solo un problema dei docenti. Ne cogliamo appieno le conseguenze quando, per strada, incontriamo i nostri ex allievi delle scuole che abbiamo dovuto lasciare. Ci salutano con affetto, scambiamo qualche parola e spesso ci confidano: “Sa, professore, quest’anno non abbiamo fatto quasi niente. In quattro mesi abbiamo cambiato quattro insegnanti diversi.”
In quei momenti ci sentiamo quasi in colpa. Vorremmo dire: “Mi dispiace! Non è colpa mia! Avrei voluto restare con voi, fare molto di più!” Ma restiamo in silenzio, consapevoli che questa instabilità è ormai una triste normalità. Un danno enorme per gli studenti, che subiscono programmi frammentati e una formazione scolastica sempre più debole e lacunosa.
Un sistema basato su contratti a termine non può garantire né ai docenti né agli studenti la stabilità necessaria per costruire un percorso educativo efficace. È indispensabile un piano di stabilizzazione chiaro e strutturato. Una proposta equa potrebbe prevedere che il 50% delle immissioni in ruolo venga riservato ai docenti con esperienza comprovata, inseriti nelle graduatorie GPS di prima e seconda fascia, e che il restante 50% avvenga tramite concorsi pubblici, garantendo nuove opportunità a tutti i candidati qualificati.
Il precariato non è solo una questione che riguarda i docenti: è un problema che colpisce l’intero sistema scolastico.
Con il sistema di reclutamento attuale, così come è stato strutturato, la tanto decantata “continuità didattica” non sarà mai raggiunta. Al contrario, il problema rischia di aggravarsi. Inoltre, moltissimi docenti precari, che da anni prestano servizio con passione e dedizione, rischiano di essere esclusi dal sistema scolastico, nonostante il loro contributo fondamentale alla formazione di centinaia di allievi.
Al fine di farci ascoltare, avere voce in capitolo, cosi risolvere definitivamente e concretamente il problema della discontinuità didattica e del precariato, sono state lanciate diverse petizioni su Change.org. Invitiamo tutti a sottoscrivere queste iniziative, che chiedono una riforma equa e corretta del reclutamento e una soluzione concreta al precariato:

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In una democrazia, come sancito dall’articolo 1 della Costituzione, fondata sul lavoro, non è accettabile che a un docente precario, con anni di servizio nella scuola pubblica, venga detto: “Da domani non vali più nulla, resta a casa!” Il rinnovo perpetuo dei contratti a termine è una pratica che contravviene sia ai principi costituzionali sia alle normative europee. La Direttiva 1999/70/CE, recepita anche dall’Italia, stabilisce chiaramente che dopo tre anni di servizio continuativo su contratti a termine, un lavoratore deve essere stabilizzato.
La reiterazione di contratti precari, oltre a penalizzare chi ha dedicato anni alla formazione delle nuove generazioni, ha già portato l’Italia a essere richiamata ufficialmente dalla Commissione Europea, che ha avviato una procedura di infrazione per l’abuso di contratti a termine nella Pubblica Amministrazione. Sarebbe corretto e doveroso che il Presidente Giorgia Meloni, il Ministro Giuseppe Valditara e tutte le istituzioni competenti intervengano con urgenza per porre fine a questa ingiustizia e offrire una soluzione concreta e definitiva a un problema che mina il futuro della scuola italiana.

Fabio Gangemi