Via libera definitivo della Camera dei deputati con 357 voti (contrari Fi e Di con 46 voti; 15 gli astenuti) alla legge che introduce in Italia il whistleblowing, vale a dire la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro. La norma, che si compone di tre articoli, mira soprattutto alla tutela dei lavoratori.
Per chi segnala reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato, a partire da casi di corruzione, previste dalla legge approvata a Montecitorio è prevista una tutela dell’identità oltre alla garanzia di nessuna ritorsione sul lavoro e tantomeno di atti discriminatori.
In particolare, il dipendente, pubblico o privato, che segnala all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all’autorità giudiziaria condotte illecite, di cui sia venuto a conoscenza grazie al proprio rapporto di lavoro, non possa essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa che potrebbe avere effetti negativi. Inoltre non hanno nessun valore eventuali atti discriminatori o ritorsivi adottati dal datore di lavoro.
L’identità del segnalante non può essere rivelata. Spetterà al datore di lavoro dimostrare che le misure discriminatorie siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione da parte del dipendente.
La tutela del whistleblower vale per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, e si applica pure a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla Pa.
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