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“La lingua povera c’è sempre stata”: parola di Sabatini

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“Semmai le abbreviazioni portano all’impoverimento ma con i new media le funzioni sono potenziate”.
Twitter, facebook, e-mail, sms, web e social network in generale impoveriscono la lingua, ma ci sono sempre stati. Se da un lato l’umanità, pur per certi aspetti impoverendosi, ha sempre fatto uso di abbreviazioni o di una scrittura sintetica, dall’altro con la Rete ha anche acquisito uno strumento straordinario di comunicazione.
E Sabatini spiega: “ Le lingue si sono sempre legate alla tecnologia. L’incidere su una mattonella, lo scrivere su un papiro, l’invenzione della stampa ecc. sono tutte modalità, seppur diverse tra esse, con le quali da sempre la lingua si è legata alla tecnologia. Dunque da questo punto di vista non vi è nulla di nuovo. Poi è evidente che l’immediatezza porta ad un impoverimento della lingua, ma anche che con nuovi mezzi di comunicazione le funzioni della lingua sono potenziate”.
“L’abitudine di abbreviare le parole affonda le sue radici già nel Medio Evo, quando per abbattere il costo della scrittura e degli scribi, allora molto alto, si faceva uso di forme abbreviate. Per esempio ‘anima’ si scriveva eliminando le consonanti, dunque scrivendo solo ‘aia’ con un segno sopra. Lo stesso vale per la parola ‘per’, che veniva scritta con una ‘p’ accompagnata da un taglio sulla gamba che scende della lettera. Ora è ovvio che non tutta la scrittura debba essere così, ma solo quando questa modalità sia utile. Poiché non solo un saggio giuridico, ad esempio, non può essere scritto con forme abbreviate, ma poiché va aggiunto che una scrittura abbreviata non ci fa spaziare con la mente nell’immagine della lingua scritta”.
L’abitudine di accorciare le parole poi la si riscontra in antichità anche in ambienti diversi da quelli degli scribi e degli amanuensi. “Questi fenomeni si riscontrano, in antichità, anche all’interno di vari gruppi, con l’utilizzo o di un gergo cosiddetto furbesco, o di un gergo di mestiere. Lo scopo era quello di non farsi comprendere all’esterno. I muratori del mio paese natio, in Abruzzo, tra il 1400 e 1500 usavano il gergo dei muratori lombardi”.
“L’Abruzzo è fortemente caratterizzato da un punto di vista paesaggistico e culturale. Chi ha un po’ di curiosità del vivere può venire a visitarlo. Noi siamo al centro d’Italia e non fuori dal mondo. Ma il problema è la comunicazione. Manca la diffusione di quello che c’è ed è colpa degli abruzzesi. Siamo noi che non diamo una rappresentazione di quello che abbiamo. Una volta erano difficili gli spostamenti, ma oggi con i nuovi media, con i nuovi mezzi di comunicazione, è molto più facile che si spostino anche le persone. Scuola e Università non producono conoscenza a sufficienza del patrimonio regionale e non vi è dunque trasmissione alle nuove generazioni. Non c’è neanche trasmissione all’esterno. Scuola e Università non formano poi neanche gli operatori che sarebbero utili per la conoscenza del patrimonio artistico e storico della Regione. La Maiella, il Gran Sasso, il Velino, il Piano delle 5 Miglia sono ricchi di aspetti interessanti che andrebbero conosciuti, come pure le abbazie e i castelli, e i centri come Scanno, Guardiagrele, Pescocostanzo ecc., i quali rappresentano le sintesi della civiltà storica. Tutti posti da valorizzare. Ma attenzione ai saccheggiatori del patrimonio. Questi posti dovrebbero essere gestiti solo dalle popolazioni locali”.