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La scuola senza pace

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Di cosa avrebbe avuto bisogno la scuola dopo il trauma del lockdown e i disastri della “didattica a distanza” (disastri dovuti all’ovvia inidoneità dello strumento, nonostante gli enormi sforzi fatti da tanti insegnanti per portare comunque avanti la relazione educativa)? Avrebbe avuto bisogno di tempo, di tempo per ritrovarsi e riassestarsi, per ricominciare a dare insegnamenti, conoscenze, socialità. Poi, semmai, curate le ferite, sarebbe dovuta iniziare una riflessione approfondita e il più possibile condivisa su eventuali cambiamenti benefici, ben pensati e motivati, da apportare al sistema scolastico. Nessuno di noi, d’altra parte, assale ciò che ama; semmai cerca di proteggerlo e di farlo crescere con cura, con attenzione e prudenza, con la dovuta calma.

Cos’è successo, invece? Che nel giro di pochi mesi, o addirittura di poche settimane, sono arrivati, in ordine sparso, in un ininterrotto bombardamento:
– la riforma del reclutamento e della ‘formazione’ degli insegnanti, con la creazione della sedicente “Scuola di alta formazione”;
– la sperimentazione su ‘competenze non cognitive’ e sulla quadriennalizzazione delle scuole superiori;
– le accuse agli insegnanti di essere ‘novecenteschi’;
– l’accusa alla scuola di essere ‘gentiliana’;
– la spinta all’adozione di ‘ambienti di apprendimento innovativi’, la cui efficacia viene data per scontata senza nessuna riflessione sulla loro effettiva utilità e la loro compatibilità con le finalità della scuola;
– la condanna di fantomatiche “lezioni frontali” e della “didattica trasmissiva”;
– la condanna di una fantomatica scuola meritocratica;
– la condanna della scuola “del sapere e della conoscenza”;
– la denuncia dell’inutilità delle conoscenze, tanto ci sono le informazioni su internet;
– la cultura descritta come “nozionismo”;
– “saper fare”, “saper essere”, “capitale umano”;
– la battaglia per l’abolizione dei voti numerici in ogni ordine di scuola (senza pensare, o pensandoci benissimo, alle ripercussioni sul valore legale del titolo di studio);
– la rappresentazione di insegnanti sadici, che vogliono tutti umiliare gli studenti con i voti;
– gli insegnanti da riaddestrare;
– la riforma degli ITS;
– l’introduzione della figura del ‘docente esperto’, ora “docente incentivato”. E poi deliri e formulette vuote e astratte – che non hanno alcuna attinenza con l’insegnamento, con la relazione educativa e con la realtà di ciò che avviene davvero in classe – sul valore salvifico a prescindere di flipped classroom, debate, cooperative learning, “sedute innovative” e “classi aperte” (cioè atomizzazione di tutti i rapporti, alla faccia della socialità; fine dei legami stabili e dei gruppi classe all’interno dei quali gli studenti possano stabilire relazioni durature indispensabili alla crescita).

Avete presente quando un esercito attacca il nemico da tutte le direzioni? Ecco, la singolare concentrazione (verrebbe da dire concertazione) degli interventi di ministri, politici, burocrati ministeriali, dirigenti e pedagogisti in carriera, associazioni, esperti che non capiscono nulla di scuola – tutti nella stessa direzione, quella de “la scuola così non va”, senza averle dato nemmeno il tempo di riprendersi e dimostrare quello che ancora vale – deve avere una spiegazione. L’ipotesi che uno scrittore di romanzi distopici potrebbe fare è questa: prima che la scuola (pubblica) ritorni a funzionare appieno, bisogna smantellarla, approfittando dello smarrimento del dopo-covid e della debolezza democratica delle nostre istituzioni; distruggerla rendendo impossibile l’insegnamento e la relazione educativa con un sovrapporsi soffocante e stordente di ‘novità’ e cambiamenti in corsa (d’altra parte gli insegnanti sono già costretti a passare buona parte del proprio tempo a “programmare” per “UDA” e a certificare “competenze”, anziché a insegnare e studiare), fino ad arrivare alla sperata abolizione del valore legale del titolo di studio; arrivare alla privatizzazione dell’istruzione per inefficienza e caos indotti a forza nella scuola pubblica, facendo nel frattempo un sacco di soldi con il PNRR grazie a ‘innovazioni’ che dureranno lo spazio di un mattino e una ‘formazione’ che serve a irregimentare del tutto gli insegnanti.
Altre ipotesi?

Gruppo La nostra scuola  Associazione Agorà 33