Home Didattica “La Sicilia come metafora” della “soledad” degli autori del 900

“La Sicilia come metafora” della “soledad” degli autori del 900

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Si è svolto a Catania, venerdì 13 febbraio, al Monastero dei Benedettini, lo straordinari complesso architettonico barocco dove ha sede la facoltà di lettere, il convegno “La Sicilia come metafora: due secoli di letteratura nazionale. La letteratura meridionale e i programmi scolastici nazionali. Il prestigio e l’offesa”.

 

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Un atto formale e un’occasione di dibattito  per promuovere la risoluzione parlamentare, presentata dal Movimento 5 Stelle, che intende impegnare il Governo ad integrare le “Indicazioni nazionali” con la reintroduzione dei poeti e scrittori meridionali del ‘900 eliminati con non curanza, o con studiata accortezza, chissà.  

E infatti artisti di fama mondiale come Gesualdo Bufalino, Ignazio Silone, Leonardo Sciascia, ma perfino i Nobel Salvatore Quasimodo e Grazia Deledda sono stati negati agli studenti 2.0 per risoluzione nel 2010 della commissione di studio nominata dall’ex ministra Gelmini, che, “evidentemente, ha ritenuto non fondamentali questi autori ed altri come Vittorini, Rea, Serao, con gravi ripercussioni sul piano culturale”, spiega Maria Marzana del movimento 5 stelle.

La denuncia per tale inaudita mancanza, come è noto, partì già nel 2010 dai alcuni gruppi di intellettuali meridionali, fra cui Pino Aprile, ma a nulla sortì, cosicchè da qualche tempo  è ritornata alla luce grazie ai parlamentari del Movimento Cinque Stelle, che hanno presentato una risoluzione (prima firmataria Maria Marzana) alla commissione cultura della Camera affinchè tale dimenticanza, se si è trattato di dimenticanza, ma non pare perché sarebbe la testimonianza di una ignoranza grassa, venisse ricordata.

Sembrò infatti, già l’anno scorso, che il Miur, inserendo tra le tracce della prova di italiano dell’esame di stato, i Nobel Salvatore Quasimodo e Grazia Deledda, volesse ricucire, ma ad oggi nulla è cambiato e il convegno di Catania ha voluto mettere in risalto proprio questo aspetto, singolare in vero, anche se i docenti di Italiano possono, sulla base della autonomia che è loro consentita, proporli per lo studio ai ragazzi.

Nelle indicazioni «imprescindibili» per la letteratura del quinto anno, infatti,  gli esperti ministeriali, nel periodo tra Ottocento e Novecento, inserirono Pascoli, D’Annunzio, Verga e Pirandello, autori giustamente definiti «non eludibili», ma appena si arrivò al XX secolo, le indicazioni ministeriali suggeriscono «il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, …). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello…)»

E gli autori meridionali, si è chiesto lo storico e giornalista Pino Aprile presente al convegno di Catania. Quasimodo? Il salernitano Alfonso Gatto? Oppure il materano Rocco Scotellaro? “E che dire poi in letteratura delle assenze del siciliano Leonardo Sciascia, dell’abruzzese Ignazio Silone, del potentino Leonardo Sinisgalli, del siracusano Elio Vittorini”: tutti autori minori?

Da qui la denuncia che è partita dal monastero dei Benedettini di Catania e di cui l’on. Marzana si è fatta ancora una volta portavoce.

Sicilia come metafora,  in cui la “sicilitudine” di Sciascia, come metafora ulteriore della “soledad”, ancora una volta si insinua senza destare scalpore.

Letteratura siciliana cancellata nei programmi didattici

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