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L’Agenda Valditara su dispersione e abbandono? Ma al primo punto deve esserci il lavoro

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Il ministro all’Istruzione e al merito Giuseppe Valditara a Catanzaro, nell’ambito del progetto Agenda Sud rivolto alle regioni del meridione come Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, ha presentato il suo piano per combattere la dispersione scolastica. 

 Saranno coinvolti, in via sperimentale, 150 istituti individuati dall’Invalsi: 50 scuole elementari, 50 scuole medie e 50 scuole superiori. Poi, dopo il triennio e in base ai risultati ottenuti, si potrebbero aggiungere nuove scuole-

Tuttavia i numeri della dispersione scolastica sono feroci così come li diffonde Save The Children.  

Se a livello nazionale la media è del 12,7%, a livello regionale esistono picchi impressionanti: in Sicilia ad esempio si arriva a una media del 21,1% di abbandoni (dunque ci sono vette anche del 30%), in Puglia al 17,6%, in Campania al 16,4% e in Calabria al 14%. 

Per questo Valditara vuole investire soprattutto al sud potenziando l’organico e le strutture, mentre sono stati stanziati 255,8 milioni di euro e, per gli istituti del Sud, sono arrivati quasi 78milioni per le palestre, oltre 608 milioni per la messa in sicurezza.

Se tuttavia gli abbandoni dipendessero da una non corretta implementazione della didattica, dalla carenza di organico e di strutture, l’Agenda del ministro potrebbe avere una sua logica. Ma il punto non è questo. L’emorragia dalla scuola non dipende solamente né dall’organico né dalle strutture. 

È vero che nelle scuole di frontiera e quelle con questi tassi così enormi di abbandoni occorre mandare prof esperti e incalliti nel mestiere, ma è anche vero  che il grosso delle dispersione, il famoso picco di percentuale, si trova nelle periferie urbane, dove scarseggia il lavoro e si vive di espedienti (dove, possiamo dire con Karl Marx, si impianta il sottoproletariato),  e a cominciare dalla secondaria superiore di primo e secondo grado. 

E l’analisi è chiara: i bimbi della primaria sono troppo piccoli per portare supporto economico a casa, che invece può cominciare ad arrivare dai 10/11 anni in su. È quello il momento in cui i genitori preferiscono farli lavorare per racimolare qualche soldo accessorio, e anche miserabile, per le esigenze familiari oppure vengono indotti a seguire qualche capo bastone del quartiere anche per traffici illeciti. 

Se fra l’altro si raffronta il tasso di povertà e di disoccupazione, insieme al disagio abitativo, con gli abbandoni scolastici e le dispersioni si vede ancora una volta una sinistra simmetria.