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Libri di testo on line: dubbi sensati, utili virtù?

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Un articolo di fine agosto del Corriere della Sera a firma Giulio Tremonti (L’e-book, rivoluzione a scuola, Corriere della Sera del 29/8/2004) sull’adozione di libri in formato elettronico, gli e-book, ha riaperto una discussione ed una polemica di carattere didattico e formativo sull’utilità delle nuove tecnologie e sul loro impiego. La soluzione – definita rivoluzionaria nell’articolo – è semplice: dare alle famiglie la possibilità di scaricare da scuola o da casa i testi da internet, con i soli costi di diritti d’autore e di Iva, da addebitare allo Stato in toto o in larga parte. Un’idea, pare, anche sul tavolo del Governo. Una proposta che riaccende l’annosa contrapposizione tra libro/carta stampata e libro/multimediale. Con le appendici tipiche di pro e contro sull’efficacia dell’imparare tramite lettura o tramite PC.
Sui rischi connessi ad un generale decremento della lettura. Sulla validità dell’apprendimento orientato al learning by doing, al fare, tipico delle nuove tecnologie.

I dubbi e le perplessità emerse nel dibattito che ha circondato la proposta sono tanti, anche di natura economica: a parte i mancati guadagni delle case editrici e delle librerie – per lo più quelle piccole e di paese – ci sarebbe un effettivo risparmio? O le copie scaricate on line e stampate a casa o a scuola rischiano di essere solo delle brutte fotocopie? Ma, soprattutto, visto l’impiego nella prassi scolastica quotidiana, il problema del libro di testo non meriterebbe un approccio più didattico e meno “economicista”?
Insomma, forse sarebbe più utile chiedersi se lo strumento manualistico – perché, in fondo, gran parte dei testi a scuola sono manuali – può essere in qualche modo integrato dall’apporto tecnologico. Soprattutto a partire dalle scuole medie, quando si inizia a registrare un approccio più contenutistico alle materie. Per le discipline scientifiche, legate all’esercizio, all’esperimento, già esistono numerosi strumenti didattici che simulano le prove. Considerando, poi, che un manuale scientifico ripropone essenzialmente regole e teoremi, non si può non evidenziare che tutto questo è già presente in rete. Per non dire delle scienze naturali, i cui fenomeni sono sicuramente più facilmente compresi attraverso video, foto, grafici, ricavati on line. E, rispetto al libro, l’aggiornamento è continuo, non c’è bisogno della nuova edizione…
E le materie umanistiche? E’ evidente a chi abbia un minimo di esperienza di navigazione come – a meno che non si parli di un Compendio della letteratura del Sapegno – il materiale offerto dalla rete è sicuramente più ricco e vario di un manuale. A livello di scelta di testi, di commenti, di attualità degli studi. Si tratta certamente di un lavoro di ricerca che va guidato: ma non accade già oggi sul libro che l’insegnante indichi che cosa studiare e che cosa no?
Per le lingue, poi, si sfonda una porta aperta, visto che dove ci sono i mezzi e la voglia, il laboratorio linguistico è anche multimediale e le pubblicazioni scolastiche sono assiduamente corredate di supporti audiovisivi.

Tale ragionamento imporrebbe, evidentemente, una rivoluzione copernicana in cui il libro sparisce nella sua forma di testo scolastico, per riapparire complementare con una nuova vita, effettivamente come libro di lettura. Ci sarebbe spazio per leggere i classici o un saggio, insomma, per stimolare gli studenti ad una lettura più mirata, ma al tempo stesso più ricca rispetto agli spezzoni (“studiare da pagina a pagina, fino al terzo capoverso, quarto paragrafo escluso“…quante volte l’abbiamo detto o sentito?) a cui si riduce il libro di testo. La lettura, sotto la forma di un romanzo di Pirandello, di un libro intero dell’Eneide, di un dialogo filosofico classico, di una raccolta di saggi di Fermi, di un saggio di Le Goff, ne acquisterebbe dignità e assolverebbe al compito che le è proprio: la riflessione e la crescita intellettuale.
Una proposta del genere – pensata gradualmente a partire dalle scuole medie – sarebbe veramente rivoluzionaria, soprattutto perché pensata dalla parte della scuola e della sua funzione. E collocherebbe l’insegnante al centro del processo educativo. Perché sua è la scelta dei contenuti, dei testi, degli strumenti tecnologici. Anzi, in un momento in cui si sente parlare anche di libri di testo unici o, comunque, omologati, è un’occasione nuova per la libertà del docente, a dispetto dell’omologazione cui può far pensare la macchina.