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L’identità scolastica dell’insegnante di religione cattolica in Italia

Negli anni ’40 del secolo scorso in Italia si instaura la Repubblica e si avvia il dibattito sulla riorganizzazione dello Stato tramite una carta costituzionale, entrata in vigore il 1° gennaio 1948.

La nuova Costituzione, con il principio di «uguale libertà tra le religioni» (art. 8 Cost.), apre nuovi scenari, tanto da apparire incoerente con il trattato concordatario sancito tra santa Sede e Repubblica italiana l’11 febbraio del 1929.

Dopo alcuni decenni di negoziati, si arriverà alla revisione del Concordato. Se nel Concordato del 1929 si formalizzava l’insegnamento di religione a «fondamento e coronamento di tutta l’istruzione pubblica», impartito nelle scuole di ogni ordine e grado con la finalità didattica di catechizzare gli alunni, diverso è il tenore della sua revisione del 1984, che giustifica la presenza dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole in base a nuovi criteri. 

La Repubblica riconosce il «valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico italiano continua ad assicurare tale insegnamento nel quadro delle finalità della scuola».

Si tratta di motivazioni intense che manifestano il desiderio da parte dello Stato italiano di dare continuità nell’assicurare, come precedentemente all’Accordo, l’insegnamento della religione, ma con un elemento di novità che inserisce tale insegnamento nel quadro delle finalità della scuola.

L’obiettivo della scuola è la formazione della persona e del cittadino che non è completa se si esclude in essa la dimensione religiosa: la formazione della persona non può essere soltanto l’intellettuale, sociale o emotiva […], perché trova piena completezza con l’insegnamento religioso.

La dimensione religiosa esiste in ciascuno di noi e deve essere coltivata nel quadro delle finalità della scuola, ovvero nell’orizzonte di scoprire i riferimenti culturali della tradizione religiosa italiana e, di conseguenza,  di conoscere integralmente le proprie radici e il proprio patrimonio storico. Infatti, a prescindere dalla propria appartenenza religiosa, l’alunno che sceglie di avvalersi di questa disciplina scopre pienamente la realtà in cui vive. La bussola di riferimento è il conoscere culturale, non il professare la fede o l’essere o il diventare cattolico.

Tutto ciò esclude che l’insegnamento di religione sia attività catechistica, ma non lo rende neppure nuda trasmissione di informazioni.

L’IRC è una materia scolastica che pone al centro la persona umana dell’alunno in cui coltiva conoscenze e abilità per acquisire competenze, in questo caso religiose.

Pertanto, l’insegnamento di religione cattolica corrisponde alle esigenze pedagogiche, didattiche e di organizzazione delle diverse discipline – realizzando una sistemica azione comunicativa ed interdisciplinare – nel quadro del Piano dell’offerta formativa unitario e organico.

Carmelo Mirisola

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