Home Disabilità Lo stalking sarebbe spia di autismo latente

Lo stalking sarebbe spia di autismo latente

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A discuterne gli specializzandi delle Scuole italiane di Psichiatria, 120 giovani provenienti dalle Scuole di Psichiatria di tutt’Italia, nella due-giorni di Campus Angelini, con il patrocinio della Società Italiana Psichiatria (SIP).

Obiettivo: fornire agli psichiatri del futuro gli strumenti più appropriati per individuare e gestire quello che è diventato un problema sociale sempre più diffuso.

Dicono gli esperti che quella dello stalker è una fenomenologia complessa, “maschio in circa l’80% dei casi, sui 30 anni, con capacità intellettive nella media o anche più alte, un buon livello di istruzione e spesso una storia di delusioni sentimentali e disturbi psichiatrici alle spalle. E’ importante sottolineare che non si tratta di una diagnosi specifica ma di un disturbo comportamentale che si traduce in tentativi ripetuti e persistenti di imporre contatti indesiderati e/o comunicazioni che inducono paura e sofferenza. Quello che porta lo stalker ad attuare comportamenti persecutori è l’impossibilità di instaurare una vera relazione con il partner”.

“In questo senso lo stalking può rappresentare una spia di un Disturbo dello Spettro Autistico Sottosoglia (DSAS), tema centrale del Campus Angelini di quest’anno. Si tratta di forme lievi o ‘latenti’ di autismo, non diagnosticate in età evolutiva, perché i soggetti hanno intelligenza normale o addirittura superiore alla media, ma che possono poi emergere nell’età adulta, complicandosi con disturbi d’ansia, dell’umore, ossessivi, psicotici o borderline. I DSAS si caratterizzano per la compromissione dell’interazione sociale: chi ne è affetto non riesce a capire le intenzioni altrui, non sa decodificare, intuire, comprendere, condividere pensieri, sentimenti, emozioni e vissuti del prossimo né tantomeno rispondervi in modo appropriato. Spesso i soggetti credono erroneamente di essere ricambiati. Indipendentemente dalla presenza o meno di stalking, le difficoltà di socializzazione, portano poi all’isolamento, alle fobie sociali, alla creazione di uno spazio creativo interiore e al ripiegamento in se stessi”.