Home Politica scolastica Lucia Azzolina e Luigi Gallo: Partigiani e SBC ne chiedono le dimissioni

Lucia Azzolina e Luigi Gallo: Partigiani e SBC ne chiedono le dimissioni

CONDIVIDI

Manca solo l’ufficialità, ma ormai è sicuro: il disegno di legge della senatrice 5S Bianca Granato sulla abolizione della chiamata diretta non andrà avanti e nei prossimi giorni i capigruppi della Commissione Cultura della Camera potrebbe decidere di archiviare il provvedimento e di cancellarlo dal calendario dei lavori parlamentari.
La situazione non piace affatto ai Partigiani della Scuola Pubblica e al Gruppo FB SBC (Scuola Bene Comune) che con un comunicato di queste ore dichiarano senza mezzi termini: o la proposta di legge va avanti o è meglio che, per coerenza, le alte cariche ministeriali nella scuola ricoperte dagli appartenenti al Movimento 5 Stelle, e cioè la Ministra dell’Istruzione Azzolina e il Presidente della Commissione Cultura della Camera dei deputati Luigi Gallo diano le loro dimissioni.
La richiesta dei PSP non passerà inosservata per più di una ragione.
Intanto perché prima di essere eletta senatrice la stessa Bianca Granato è stata membro attivo dei Partigiani e poi perché, nel corso della campagna elettorale, i PSP (o perlomeno una parte di loro) avevano sostenuto il M5S e i suoi slogan (abolizione legge 107, rientro al sud dei docenti “deportati”, no Invalsi e altro ancora).
Affermano SBC e Partigiani: “Attendiamo con impazienza il perfezionamento dell’iter legislativo di uno dei provvedimenti cruciali per dare quella svolta che da due anni ormai si attende rispetto a delle politiche scolastiche portate avanti durante la precedente legislatura contro tutto il mondo della scuola”.
Il ddl Granato era stato approvato al Senato nei mesi scorsi, poi era rimasto fermo per diverso tempo e solo da un paio di settimane ha ripreso il suo percorso alla Camera.
Ma in Commissione è emerso subito un problema politico difficilmente risolvibile; la maggioranza di Governo, infatti, è assolutamente divisa, PD e Italia Viva – come è facilmente comprensibile – non hanno intenzione di sostenere il provvedimento e lo stesso gruppo di LEU, per la verità, al Senato si era astenuto.
In soccorso del M5S potrebbe arrivare la Lega e – se si volesse prestare fede ai freddi numeri, il disegno di legge potrebbe essere approvato con i voti dei deputati di Lega e M5S che, alla Camera, dispongono complessivamente di 332 voti su 630.
Ma è del tutto evidente che un provvedimento così importante approvato con il voto determinante dell’opposizione, innescherebbe un problema politico di non facile soluzione.
Ecco perché – stando almeno alle informazioni in nostro possesso – i pentastellati stanno pensando di fermare il ddl e di non portarlo in aula. Sembra che il M5S sia pronto motivare il dietro front affermando che – ormai – la chiamata diretta non è neppure mai stata messa in pratica, sia per difficoltà intrinseche sia perché un accordo fra il Ministro Bussetti e i sindacati l’aveva di fatto disapplicata.
Ma i Partigiani insistono e affermano: “Non può passare inosservato il pericolo che con la mancata approvazione venga vanificato quanto fatto in questo senso, per arginare alcuni degli effetti nefasti della Legge 107 sullo stato di salute della scuola pubblica italiana, che sono sotto gli occhi di tutti”.
Dopo aver diramato il comunicato con cui si chiede l’approvazione del ddl Granato o, in alternativa, le dimssioni di Azzolina e Gallo, i PSP hanno però diffuso il testo di una petizione di tutt’altro tenore, in cui non si parla della rapida approvazione del ddl Granato, ma si invoca l’adozione di “un atto d’indirizzo chiaro da parte del Ministro Azzolina in conformità agli impegni assunti dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale, onde evitare che si lasci aperta la possibilità di riesumare la chiamata diretta per ‘migliorarla’ (come vorrebbero PD e Italia Viva)”.
Resta però il fatto che sembra essersi un po’ interrotta la corsia preferenziale fra i Partigiani e il M5S che viene ora accusato di non avere finora mantenuto fede alle promesse fatte durante la  campagna elettorale.