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Manifesto delle scuole di frontiera per fronteggiare la povertà educativa, la criminalità minorile e no

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La rete “I Care”-Scuole di frontiera non ha scopo di lucro e non richiede soldi alle scuole. La sua finalità è la seguente:

1. Dare più risorse alle scuole che risultano nella misurazione Invalsi con basse competenze e non dare punizioni (come invece previsto nel Recovery Fund con la formazione obbligatoria; come se la colpa delle basse competenze fosse dei docenti e dei dirigenti scolastici e non del contesto socio-economico-culturale).

Si chiedono pertanto:
– Più soldi per il funzionamento scolastico, in quanto i contributi volontari nei territori economicamente svantaggiati sono pochi e non dovrebbero neanche essere dati, in quanto il diritto all’Istruzione è un diritto riconosciuto dalla Costituzione Italiana (art. 33 e 34).- Più soldi per i progetti d’Istituto e non solo PON, in quanto gli alunni delle scuole appartenenti ai territori benestanti godono del pagamento volontario dei genitori per attuare vari progetti, da quelli linguististici al coding, mentre gli alunni svantaggiati si devono accontentare delle briciole.- Più soldi per i dirigenti scolastici, i docenti e il personale ATA che lavorano nelle scuole di frontiera in condizioni difficili, in cambio di una permanenza in queste scuole di almeno 5 anni.

– Più soldi per queste scuole per la piccola manutenzione, soldi dati direttamente alle scuole, perché gli alunni difficili sono più distruttivi e rompono per rabbia più facilmente le cose appartenenti alla scuola.- Più insegnanti nell’organico dell’autonomia, perché nelle classi difficili serve la compresenza per attuare recuperi e relazioni positive.- Meno alunni per classe in questi contesti difficili, perché -come dice Umberto Galimberti- non si può far scuola in classi numerose, specie nei territori a rischio.

– Ripristino della platea nelle scuole a rischio, con obbligo di iscrizione nelle scuole del quartiere(almeno fino alla scuola secondaria di I grado),per non avere classi ghetto, perché gli allievi migliori si iscrivono presso altre scuole fuori dal quartiere e quindi non si possono formare classi equieterogenee.

– Reddito d’istruzione (500 € al mese) alle famiglie povere di questi quartieri, oltre al reddito di cittadinanza, per far venire tutti i giorni a scuola gli alunni che altrimenti andrebbero dispersi: e con questi soldi  i genitori devono dimostrare che vengono  comprati libri, quaderni, device per l’alunno.

Eugenio Tipaldi