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Merito, “i docenti non vogliono applicarlo: promuovono tutti per affetto e bontà e hanno paura di essere valutati a loro volta”

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Ancora riflessioni riguardanti il concetto di merito. Sulla nuova denominazione del dicastero di Viale Trastevere hanno discusso tutti, da Paolo Crepet, allo stesso neo Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, a Dacia Maraini e Massimo Gramellini fino a Ernesto Galli della Loggia.

Cambia la denominazione del dicastero, e poi?

Oggi, 28 ottobre, sono emerse altre due posizioni, una pubblicata su Il Foglio e una su Il Corriere della Sera. La prima è a firma di Antonio Gurrado, docente di filosofia e giornalista freelance. Il suo commento è molto critico nei confronti dei suoi colleghi e del mondo della scuola in generale.

Secondo lui il cambio di denominazione non avrà un così grande effetto sulla scuola, che a suo avviso resterà immobile se non cambieranno le persone che ci stanno dentro. “Il Ministero dell’Istruzione e del Merito poteva chiamarsi anche Ministero dell’Istruzione e della Selezione Spietata, Ministero dell’Istruzione e della Bocciatura Sistematica, Ministero dell’Istruzione e dello Sterminio Indiscriminato degli Studenti – e sapete cosa sarebbe cambiato? Esatto, assolutamente nulla. Perché come la rosa avrebbe lo stesso profumo se non si chiamasse rosa, il Ministero dell’Istruzione può chiamarsi come vuole, al dicastero può sedere Papa Giovanni oppure Goebbels, ma a far girare il meccanismo restano sempre i sottoposti: provveditori, funzionari, insegnanti”, ha esordito.

“Questi ultimi non hanno la minima intenzione di applicare nella scuola il merito nella maniera minacciosa e un po’ sadica che l’opposizione ha ventilato; un po’ perché sono abituati a promuovere più o meno tutti per affetto e bontà d’animo, un po’ perché non vogliono affrontare le piaghe (documentazione, ricorsi, genitori) che di solito accompagnano le bocciature, un po’ perché temono che se valutassero davvero gli alunni magari prima o poi qualcuno potrebbe davvero valutare loro e allora chissà”, ha continuato Gurrado.

Merito è raggiungere un risultato senza fatica o recuperare faticosamente per raggiungere anche solo la metà di quel risultato?

Al Corriere ha invece scritto il professore Paolo Sarti: “Abbiamo inserito la parola merito nella definizione dell’istituzione che si occupa della scuola pubblica: Il Ministero dell’Istruzione è ora anche del merito! Il termine meritocrazia, creato nel 1958 dal laburista inglese Michael Young, descrive il sistema di valori che premia l’eccellenza di un individuo indipendentemente dalla sua provenienza”, ha esordito.

Come bisogna intendere questo concetto? “Bisognerebbe dare una definizione precisa di ‘merito’, soprattutto nella scuola: intendiamo riconoscere la migliore capacità o invece il maggior sforzo di un individuo per raggiungere un determinato livello? Perché, nel primo caso, il ragazzo potrebbe semplicemente aver ereditato mezzi dai propri genitori (per genetica, benessere sociale, famiglia istruita) che lo rendono naturalmente predisposto e facilitato rispetto agli altri. Nel secondo, invece, potrebbe aver dovuto impegnarsi moltissimo, semplicemente per raggiungere lo stesso livello di chi è partito avvantaggiato. In altri termini, merito è raggiungere un risultato velocemente, brillantemente, senza fatica, grazie al proprio contesto sociale, oppure il merito è quello di recuperare faticosamente, con dedizione, impegno, sofferenza, per arrivare forse anche solo alla metà del risultato atteso?”.

“Se finora la scuola si basava sul principio valoriale che bisognava portare avanti e aiutare a progredire chi, per vari motivi, partiva più svantaggiato, ora, con questo cambio di obiettivi, cosa dobbiamo aspettarci? La scuola rappresentava per molti l’unico strumento di ascensore sociale: per questo non può esserci meritocrazia nella scuola. Ora I bravi ‘in entrata’ diventeranno più bravi, ma i meno bravi saranno messi nelle condizioni di diventare bravi anche loro? I primi verranno premiati da voti migliori, da maggiore attenzione da parte degli insegnanti, da maggiori opportunità, gratificazioni e autostima, e gli altri? Forse no. Ma, che merito hanno avuto ‘i bravi che erano già bravi prima di iniziare la scuola’? E che demerito invece hanno gli altri? Questo è il modello che vogliamo seguire? Come diceva Don Milani: ‘Se si perdono i ragazzi più difficili la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati'”, ha concluso Sarti.

Il sondaggio della Tecnica della Scuola

Può insegnare chiunque, con un po’ di competenza acquisita, o per insegnare occorre avere un’attitudine? Come abbiamo anticipato, durante la campagna elettorale la Lega di Matteo Salvini ha proposto (e inserito esplicitamente nel programma del partito) che i docenti vengano sottoposti ad una valutazione psico-attitudinale in ingresso e in itinere. La Tecnica della Scuola sul tema raccoglie il parere dei propri lettori mediante il consueto sondaggio periodico: Sei favorevole o contrario al test psico-attitudinale per l’assunzione dei docenti?

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