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Niente smartphone fino alla terza media, solo cellulari senza Internet: l’idea di due genitori coinvolge duecento famiglie

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Da settimane si sente parlare di cellulari a scuola, soprattutto dopo la decisione della rettrice delle Scuole Malpighi di Bologna di vietarne l’uso per studenti e docenti all’interno delle mura scolastiche. Negli scorsi giorni un fatto di cronaca ha evidenziato la complessità della questione: una ragazzina di un istituto scolastico di Latina si è rifiutata di consegnare il proprio dispositivo, scatenando una vera e propria rissa che ha coinvolto suo padre e il preside della scuola.

Dalle pagine de La Repubblica arriva un’iniziativa particolare, che punta a “liberare” i giovanissimi dall’esigenza di usare il proprio smartphone anche a scuola. Duecento famiglie degli istituti Olmi e Rinnovata Pizzigoni di Milano hanno deciso di firmare un vero e proprio “accordo educativo”.

Cosa prevede? I ragazzini delle famiglie aderenti potranno usare a scuola soltanto cellulari senza accesso a Internet, di vecchia generazione. Niente Instagram, TikTok e WhatsApp, quindi, ma solo chiamate e sms. Tutto ciò fino alla fine della seconda media. Solo durante l’ultimo anno del ciclo scolastico potranno ricevere il loro primo smartphone.

I genitori che intendono mettere in pratica questa idea sono convinti dell’impatto che può avere. “Se tuo figlio non è l’unico in una classe a non avere lo smartphone, si sentirà meno solo”, ribadiscono. L’unione fa la forza, insomma.

Da dove parte l’iniziativa

Da novembre dell’anno scorso a oggi sono stati organizzati incontri, aperitivi e dibattiti alla presenza di esperti ed educatori, arrivando a coinvolgere 200 famiglie milanesi, i cui figli frequentano gli istituti comprensivi Ermanno Olmi e Rinnovata Pizzigoni, in un “Patto digitale”, cioè un’alleanza educativa tra famiglie per un uso più sano di smartphone e social network.

Venerdì prossimo è la data scelta per firmare, fisicamente e digitalmente, un vero e proprio accordo – dal nome “Aspettando lo smartphone” – per ritardare l’uso di questi dispositivi da parte dei loro figli undici-dodicenni. I due genitori fautori dell’iniziativa, Anna Garavini e Stefano Boati, porteranno la loro esperienza alla Milano Digital Week, in un incontro dal nome “Verso un patto educativo per il benessere e la sicurezza digitale”con medici, esperti, e istituzioni tra cui il Comune e l’Ats.

I due genitori prendono spunto da due esperienze pilota, in Friuli Venezia Giulia e a Vimercate che fanno parte di un progetto dal nome “Patti digitali” promosso dal centro di ricerca “Benessere digitale” della Bicocca e da tre associazioni attive nel campo dell’educazione consapevole all’uso dei media, ovvero Mec, Aiart Milano e Sloworking.

La resistenza di alcuni genitori

“Il genitore di un ragazzino che sta per andare alle medie ha la sensazione di essere di fronte alla scelta ineluttabile di comprargli lo smartphone, perché tutti i compagni lo avranno e non si potrà fare diversamente”, sottolineano. “Dato che cominciano a muoversi da soli le famiglie hanno la necessità di contattare i loro figli. Ma c’è un grande equivoco sul tema: avere un cellulare non significa avere per forza uno smartphone, che è uno strumento non adatto a bambini di quell’età perché consente l’accesso ai social e a tutto l’universo di internet che è un luogo per adulti”.

I due hanno spiegato che non tutti i genitori riescono a resistere di fronte alle insistenti richieste dei ragazzi, che vogliono usare gli smartphone in età precoce. Molti di loro sono preoccupati del fatto che i propri figli possano sentirsi esclusi, possano venire bullizzati. “Noi pensiamo che è meglio che le relazioni si costruiscano di persona”, affermano i due genitori.

C’è anche chi pensa a tutte le attività didattiche che possano essere svolte con l’ausilio di dispositivi: “Da qui viene il nostro messaggio alla politica perché, con un cambio di passo culturale, fornisca alle scuole piattaforme digitali, adatte all’utilizzo da parte di bambini della loro età”, affermano i due.

Alberto Pellai, psicoterapeuta e ricercatore della Statale, che ha dato il suo contributo al progetto “Patti digitali”, sottolinea: “I cervelli dei ragazzini sono i più vulnerabili perché più sensibili di fronte ai processi di gratificazione immediata forniti dagli smartphone ed è necessario proteggerli ritardando o limitando il loro uso”.