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No ai concorsi al tempo del coronavirus

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Con quasi novantamila contagiati e 14.681 morti, l’Italia sta resistendo e subendo il Coronavirus. Il nostro Paese è in quarantena così come metà del pianeta. Nel mondo i positivi superano un milione. Sono i numeri della pandemia ancora nel mezzo del cammino.

Tutti abbiamo perso parenti, amici e conoscenti. Tutti ne abbiamo altrettanti positivi. Tutti abbiamo paura di essere contagiati. Tutti facciamo i conti con una “nuova vita” domestica che ci consegna ad una surreale quotidianità. Se l’isolamento è dovuto alla necessità di salvaguardare la nostra salute, al contempo però questa situazione contingente sta lasciando segni molto profondi in ognuno di noi.

Tutti siamo falcidiati da questa esperienza, chi più e chi meno. Ma tutti. Chi ha una sensibilità sociale non può non restare indifferente dinanzi alle bare che vengono trasportate sui camion versi i forni crematori lontani dalla città di Bergamo. Chi ha umanità non può non restare scalfito nella propria anima dal fatto che gli viene persino preclusa la possibilità di salutare un caro estinto che il virus maledetto gli ha portato via. È vero la vita continua. Deve continuare. Ma se ad oggi tutto ciò che si fa e si compie deve tener conto per prima cosa del rischio del potenziale contagio, allora non si comprende il motivo per il quale nel decreto sulla scuola non si debba considerare il fatto che molti insegnanti precari o disoccupati non sono nelle condizioni psicofisiche migliori per affrontare un concorso per assunzione e stabilizzazione che il ministro dell’Istruzione Azzolina intende assolutamente predisporre.

E non importa e non può bastare che venga fatto sapere che si terrà conto di tutti i limiti e le restrizioni imposte dall’emergenza Coronavirus per lo svolgimento concreto delle prove.

Il fatto che il Ministero sia stato autorizzato – secondo quanto si legge nella bozza del decreto – a bandire le procedure concorsuali per il personale docente è un fatto che deve far riflettere tutti, non solo i diretti interessati. La selezione del corpo docente del futuro, quello che formerà i nostri giovani non può essere attuata in un momento in cui, morti, malati e contagiati sono diventati oggetto di discussione quotidiana. La realtà monotematica a cui siamo consegnati per causa di forza maggiore non può lasciar esenti anche i professori o aspiranti tali, anche loro non sono delle macchine.

La realtà che ci circonda influisce inevitabilmente anche su chi dovrebbe giocarsi il suo futuro per preparare il concorso della vita. Questo sinceramente non può essere sottaciuto. Se il problema della scuola è avere docenti di ruolo per il nuovo anno scolastico, esistono anche altre modalità di reclutamento sulla base della meritocrazia: ossia la valutazione di titoli culturali e di servizio. Anche perché un assembramento di decine di migliaia di partecipanti alle prove andrebbe scongiurato per tanti motivi. Molti sono ovvi.

Ma la cosa più importante di cui non si può non tenere conto è quella di garantire a tutti, nessuno escluso, la possibilità di poter partecipare sereni e concentrati a prove importanti per la carriera lavorativa di ognuno. Il momento non è dei migliori. Se ne tenga conto. Bisogna tenere conto inoltre che potrebbero esserci precari colpiti personalmente dal virus e non in condizioni quindi di potersi preparare.

Che meritocrazia potrà evincersi, dunque, se non si potrà concorrere partendo da eguali condizioni psicofisiche?

Pierantonio Lutrelli