Obbligo sino a 18 anni e dispersione scolastica

Illustre Signora Ministra,

 

leggo che intende portare l’obbligo scolastico a 18 anni. Il proposito è lodevole, ma si corre il rischio di aumentare la percentuale della dispersione scolastica, già molto alta in alcune zone del Paese.

Non è elevando l’età dell’obbligo da 16 a 18 anni, infatti, che si risolve il problema dell’abbandono scolastico. A parte che non c’è attualmente, per abrogazione di alcune leggi, nessuna sanzione o reato per i genitori degli alunni che evadono la scuola, se non alle elementari, non è con la repressione che si risolve il problema.

Le parlo da un avamposto di frontiera, i Quartieri Spagnoli di Napoli (lei è stata allo Zen di Palermo), e le dico con cognizione di causa che gli alunni della mia scuola a stento prendono la terza media. Se frequentano le superiori, lo fanno per vedere l’effetto che fa. E l’effetto è una sicura bocciatura che fa sconsigliare il prosieguo. E se non lo capisce ancora, c’è anche la seconda bocciatura che stronca ogni speranza. Ecco le vere cause della dispersione scolastica!

La soluzione sta, secondo me, nell’ orientare già gli alunni della scuola media in un sistema duale, come avviene in Germania: separare gli alunni che sono portati per il liceo e che continueranno gli studi dagli alunni che faranno un percorso professionalizzante per imparare un mestiere.

Si dirà che è discriminante e ci riporta a prima della riforma della scuola media unificata del 1962, quando c’era la scuola media e la scuola dell’avviamento.

A posteriori, si deve dire che quella riforma è fallita. Gli alunni demotivati impediscono lo studio a quelli che vogliono proseguire gli studi. Questi alunni vengono bocciati, sospesi dalle lezioni, incrementando la loro rabbia contro la scuola e le istituzioni in generale che li respingono. Diventano facile preda per essere arruolati nella criminalità organizzata o per essere sfruttati nel lavoro nero.

Non è meglio allora per questi ragazzi, che li si faccia fare un percorso differenziato, triennale dopo la scuola media, che gli insegni un mestiere, piuttosto che proporre loro un itinerario fintamente egualitario che essi rifiutano?

Questa è la vera alternativa alla strada e si offre una possibilità di riscatto a questi ragazzi a cui non piace lo studio e la scuola così come è fatta. Nello stesso tempo si dà la possibilità agli altri alunni di studiare per il proseguimento al liceo e all’università, senza essere continuamente disturbati da chi non è interessato a quello studio ritenuto astratto.

Si farebbero dei test iniziali, alla fine della quinta elementare, per indirizzare gli alunni ai due diversi tipi di scuola. E non è detto che i figli dei poveri non possano andare al liceo, se hanno dimostrato la volontà di studiare, che si manifesta già nella scuola primaria.

Questo finto egualitarismo del siamo tutti eguali, finisce, proprio perché non lo siamo eguali per le condizioni socio-economiche di partenza, per discriminare: alunni di fatto respinti dalla scuola ed emarginati, a cui non sé dato nessuna possibilità né di studiare né di poter lavorare onestamente.

Le rinnovo l’invito a venire alla mia scuola, la “D’Aosta-Scura”, per farle vedere di persona la realtà che viviamo. Tullio De Mauro, quand’era professore, venne a trovarci, dopo che era stato allo Zen. Faccia anche Lei lo stesso percorso: Le regalerò il libro da me scritto a mie spese “Il Preside dei Quartieri Spagnoli. Dalla riforma Gelmini alla riforma Giannini”. Potrebbe avere degli spunti per rialzare le sorti del povero Renzi, che attualmente è inviso, per ragioni diverse, da tutto il personale della scuola.

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