
Se per un verso le Indicazioni nazionali lanciate dal ministro Giuseppe Valditara possono avere una loro impronta importante per alzare “l’asticella dei livelli di preparazione”, ci sono altri segnali che invece indicano più gravi emergenze, come quelle, assai note ormai, delineate dalle rilevazioni nazionali sia Invasi che Ocse-Pisa (scarsa comprensione della grammatica e della lingua italiana e delle competenze logico-matematiche), compresi i divari territoriali e gli abbandoni scolastici.
Così l’incipit di un articolo su Il Sussidiario che, elencando altre carenze della nostra scuola (insofferenza negli alunni e dei prof senza entusiasmo con una scuola che tende a svilire il valore del compito e la figura stessa del docente), pone altre domande: non è meglio ripensare ad una didattica che comunichi i saperi in modo più adeguato agli studenti di oggi, invece di rimodulare le indicazioni nazionali? Non è meglio creare ambienti di apprendimento meno noiosi e più attraenti, prendendo spunto dalle istanze e dal vissuto dei ragazzi per riflettere sui temi didattici? Le nuove Indicazioni nazionali sono il lodevole proposito di innalzare la qualità dell’istruzione. Ma fanno i conti con la scuola reale?
Per esempio, si lege sulla rivista online, per avvicinare gli studenti alla lettura “sarebbe opportuno reintrodurre l’ora di narrativa, in cui dedicarsi alla lettura integrale di testi per ragazzi e leggere ad alta voce. I nostri ragazzi però non leggono, o meglio lo fanno se obbligati ma difficilmente si appassionano”.
Oppure introdurre il metodo Wrw, Writing and Reading Workshop, per trasformare i principi pedagogici delle Indicazioni nazionali in una pratica quotidiana di insegnamento, e che viene utilizzato in tutti gli ordini di scuola e trova ampi consensi presso molti editori di antologie italiane, che hanno rivisto i testi proponendo questa metodologia. Si tratta in sintesi estrema di una didattica laboratoriale per favorire l’apprendimento della letto-scrittura.
“È auspicabile inoltre – si legge sempre sul Sussidiario- pensare a come potenziare efficacemente lo studio della seconda lingua (attualmente due ore a settimana), ma anche la conoscenza delle discipline scientifiche e dare un seguito e una doverosa giustificazione alle numerose risorse investite nello sviluppo delle discipline STEM, connubio tra scienze, tecnologia, ingegneria e matematica”.
Per questo, sarebbe il caso instaurare “tavoli di confronto e discussione con diffusione capillare dei temi emersi, in modo da favorire un’ampia partecipazione e possibilità di suggerimenti anche operativi”, mentre per lo più le “idee sono calate dall’alto, dagli esperti che circondano il ministero, che sono scarsamente riconducibili alle reali esigenze del mondo scolastico”.