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Pnrr: contrasto alla dispersione scolastica o dispersione di fondi?

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Gli insegnanti delle scuole superiori (secondarie di secondo grado) si chiedono come sia possibile che arrivino tanti studenti semi analfabeti dopo otto anni di scuola (undici se hanno frequentato la scuola dell’infanzia).

Certamente i tagli ai fondi per la scuola hanno favorito la dispersione scolastica palese e quella occulta o implicita.

Il PNRR ora fa arrivare alle scuole fondi di dimensioni mai viste in un solo finanziamento, anche se piccola cosa rispetto agli otto miliardi annui sottratti alla scuola dalla riforma Berlusconi-Tremonti-Gelmini del 2009.

Il rischio però è quello di assistere alla più grande dispersione di fondi mai vista nella storia della scuola italiana e questo con l’intenzione di contrastare la più grande dispersione scolastica d’Europa.

Quindi in prima superiore potrebbero continuare ad arrivare tanti studenti semi analfabeti, malgrado le enormi risorse investite.

Da subito arriveranno 2,1 miliardi per le scuole 4.0: “scuole innovative, cablaggio, nuovi ambienti di apprendimento e laboratori” e 1,5 miliardi per il contrasto alla dispersione scolastica.

Scuole 4.0

Per quanto riguarda le nuove tecnologie delle scuole 4.0 ci si chiede se, dopo la quantità di tablet, PC e LIM o schermi interattivi arrivati negli ultimi anni, sia davvero necessario investire così tanto in questa direzione, ma soprattutto ci si chiede se non ci sia il grande pericolo di pensare che innovare la scuola sia solo una questione di tecnologie, dimenticando che si può fare una didattica inefficace e inadatta agli studenti anche con le migliori strumentazioni del mondo. Avere i robot a scuola non significa necessariamente apprendere meglio.

Contrasto alla dispersione

Per quanto concerne il contrasto alla dispersione scolastica peraltro il documento di orientamento del ministero accenna alle seguenti tipologie di azioni:

  • Mentoring.
  • Gruppi di recupero.
  • Orientamento per le famiglie.
  • Laboratori extracurricolari.

Nulla che riguardi il modo di fare scuola: la necessità di utilizzare modalità di didattica attiva, laboratoriale e cooperativa nelle attività curricolari, nulla che riguardi le competenze relazionali e di gestione della classe, nulla in sostanza di ciò che le evidenze scientifiche nell’ambito delle scienze dell’educazione identificano come efficace.

Se utilizzeremo i fondi del PNRR per il contrasto alla dispersione, come quelli dei PON, creando corsi di recupero pomeridiani palesemente inefficaci, dal momento che si sono ricreate nel pomeriggio situazioni analoghe a quelle che si sono già rivelate inefficaci al mattino e per di più con un concentrato di ragazzi con difficoltà, non potremo ridurre in alcun modo la dispersione scolastica, potremo solo disperdere altri fondi.

Scuola, sanità, servizi sociali ed educativi deprivati

Intanto nelle scuole continuiamo a vedere la riduzione del numero delle classi a fronte di numerose violazioni delle norme relative all’inclusione, che prevedono classi di 20 allievi al massimo, in presenza di allievi con disabilità e la presenza di un solo allievo grave per classe o di due in caso di deficit lievi. Capita invece di avere classi con 22 o 23 allievi di cui due con disabilità grave.

Sempre a proposito di inclusione sono molte le scuole in cui non si riuniscono i GLO previsti dalla normativa e quando lo fanno spesso senza la presenza degli operatori sanitari, in quanto questi ultimi segnalano sovraccarichi di lavoro che impediscono di essere presenti. Diventa così più difficile il lavoro degli insegnanti sia curricolari che di sostegno che non possono gestire efficacemente l’inclusione degli allievi con disabilità senza il fondamentale contributo degli operatori sanitari e soprattutto delle famiglie.

D’altra parte la sanità è in condizioni tali da non fornire più visite specialistiche ed esami diagnostici in tempi ragionevoli, non garantire più pediatri e medici di base e avere in attesa persone che necessitano di interventi oncologici da più di quattro mesi (situazioni vissute a Torino).

A tutto ciò si affiancano servizi sociali sotto organico, servizi educativi territoriali smantellati, interventi di assistenza educativa specialistica limitati a 3-4 ore settimanali, assegnati dagli enti locali agli allievi con gravi disabilità senza rispettare le effettive esigenze degli allievi e delle scuole.

Investire in risorse umane qualificate

Tanti miliardi ma sanità, scuola, servizi sociali ed educativi sono deprivati e con prospettive di vedere utilizzati tutti questi fondi in modo inadeguato.

Questi servizi sono strettamente connessi e il loro funzionamento è indispensabile per il benessere dei cittadini e per la formazione della “comunità educante” e dei patti educativi territoriali.

Alle scuole viene spesso attribuita la colpa di comportamenti criminali dei minorenni, dimenticando che la responsabilità educativa è in prima istanza della famiglia e se la famiglia è in difficoltà a svolgere il proprio ruolo, la scuola non può sostenere da sola il compito di educare bambini e adolescenti.

Se per educare un bambino ci vuole un villaggio in una periferia di una grande città questo villaggio è costituito da servizi sanitari e in particolare neuropsichiatrici presenti e adeguati, da assistenti sociali, da educatori di strada, da educatori domiciliari, da educatori che a scuola affianchino gli insegnanti.

Ecco dove bisogna investire: in risorse umane qualificate. Tutti questi operatori devono essere adeguatamente formati, così come lo devono essere gli insegnanti, che non possono continuare ad essere precari dotati solo di una laurea senza formazione specifica per l’insegnamento.

Progettualità interna

Mancano servizi territoriali strutturati, ma nelle scuole arrivano tanti progetti esterni estemporanei, per integrare i quali spesso manca capacità di progettualità interna, anche a causa della carenza nella formazione degli insegnanti, in particolare relativa a forme di didattica diversa dalla sola lezione frontale trasmissiva, alle competenze relazionali, alla gestione della classe e alle modalità di cooperazione efficace per la realizzazione di una progettazione condivisa.

Nei consigli di classe si parla di come si comportano i ragazzi e di quanto poco studiano, ma molto raramente si discute di cosa fare da un punto di vista metodologico e pedagogico per aiutare i ragazzi a migliorare dal punto di vista degli apprendimenti e del comportamento.

Se i progetti esterni non si interconnettono con una efficace progettualità interna alle scuole producono effetti effimeri ed estemporanei e senza una progettualità interna anche le risorse finanziarie rischiano di passare come acqua su un terreno inaridito e reso impermeabile dalla siccità.

Bocciare di più?

Alle scuole superiori gli insegnanti si lamentano del fatto che alle medie non si bocciano gli allievi che non hanno competenze adeguate, ma bocciare alle medie significa riprodurre e moltiplicare situazioni di marginalità, creando classi piene di ripetenti che comunque non migliorerebbero e in compenso renderebbero molto difficile i percorsi di apprendimento di classi di compagni più giovani, esercitando anche azioni di bullismo.

I dati ci dicono che bocciare aumenta la dispersione scolastica e solo in rari casi può essere utile. Per evitare che alle scuole superiori arrivino tanti studenti semi analfabeti non serve bocciare di più negli ordini di scuola precedenti e non serve investire in robot e tecnologie stupefacenti.

Conclusioni

Piuttosto che spendere i soldi in bonus per i diciottenni e in investimenti effimeri, finora senza riscontri positivi, perché non pensiamo ad investire in centri di aggregazione giovanile e in servizi educativi in grado di supportare le scuole e le famiglie?

Altrimenti come si crea la comunità educante e con chi si formano le alleanze tra scuola e territorio (documento ministeriale relativo agli orientamenti per il contrasto alla dispersione p. 6-7-8) se intorno alla scuola i servizi sanitari, sociali ed educativi non esistono o soffrono di carenze di organico?

Per evitare di avere figli degli smartphone, incapaci di leggere, scrivere, far di conto e financo di andare in bicicletta, correre e legarsi le scarpe a 13 anni, impegnati in adolescenza a costruirsi un’identità attraverso la violenza e il vandalismo o tendenti alla depressione, occorre creare quel tessuto sociale e quel contesto educativo che è indispensabile per la crescita sana di bambini e adolescenti.