Nella giornata conclusiva del Festival Internazionale del libro e della Cultura, Etnabook – che si è svolto Catania tra il 27 settembre e l’1 ottobre – è stato presentato l’ultimo romanzo di Barbara Bellomo, La casa del carrubo, edito da Salani. Libro che dopo pochi mesi dall’uscita è già alla sua seconda edizione. Ha moderato l’incontro Adriano Di Gregorio, docente catanese e Youtuber ben noto nella città etnea. Nel corso del dibattito si è discusso del ruolo centrale della lettura tra i giovani e dell’importanza della nostra memoria storica per il territorio. Il romanzo della Bellomo racconta infatti la storia di due famiglie costrette a vivere i difficili mesi dello sbarco in Sicilia del 1943.
Subito dopo la presentazione, Barbara Bellomo, ha ricevuto dal presidente del Festival Cirino Cristaladi il “Premio Etnabook 2022” per l’impegno nella scrittura e per la promozione della cultura.
La casa del carrubo è un libro che la professoressa Alessandra Traversa del liceo Megara di Augusta consiglierebbe ai suoi studenti perché “La storia ha bisogno di risposte a domande sul perché avvengono certe cose, ma sopratutto di esempi veri di persone che dicano il perché. E in guerra il perché sono le persone”.
Qualche tempo fa ho letto l’ultimo romanzo di Barbara Bellomo, La casa del carrubo, edito da Salani, e l’ho trovato molto affascinante, malinconico e coinvolgente.
Sebbene i libri precedenti di Barbara mi siano piaciuti tanto, trovo che questo sia in assoluto il migliore; oltre alla sua vena da thriller, presente anche in questo, c’è dell’altro… molto altro, come ad esempio una linea intima e lirica che fa da sfondo a tutte le vicende narrate.
Barbara narra la storia di una famiglia catanese, i Floridia, durante i difficilissimi anni dello sbarco in Sicilia, raccontati in maniera impeccabile dal punto di vista storico.
Le tragiche vicende storiche – dal gennaio del ’43 quando l’operazione Husky fu ideata, fino all’armistizio di Cassibile del settembre del ’43 – hanno cambiato per sempre la vita di migliaia e migliaia di siciliani, tra cui appunto la famiglia Floridia. Qualunque sia l’orientamento politico e le ragioni della guerra – ammesso che ci possano essere – le scelte dei potenti in quegli anni hanno distrutto le vite di tante persone e ne hanno sconvolto per sempre la loro esistenza. Nonostante questo scenario, nel romanzo di Barbara, insieme al dolore, alla guerra e alla sofferenza, c’è anche tanta speranza, voglia di rinascere, di ribellione e soprattutto di cambiare il mondo.
Inoltre Barbara Bellomo, grazie alla figura di Don Luigi, il vero protagonista del romanzo, è riuscita a dipingere con straordinaria veridicità lo stato d’animo di pesante sconforto, di profonda rassegnazione e soprattutto di noia che “aveva avvolto – Don Luigi appunto – come una spessa nebbia e presto era sopraggiunta anche la rassegnazione”. Infatti, dopo la guerra in Spagna, la “noia” aveva attanagliato un’intera generazione di intellettuali italiani e persino di fascisti, come ad esempio Elio Vittorini e Leonardo Sciascia.
Al racconto, narrato in maniera malinconica e a tratti poetica, fa da sfondo una Sicilia maltrattata e violentata che però in ogni caso è riuscita a resistere ai tanti – troppi in realtà – colpi della storia, quella con la S maiuscola.
Se gli studenti potessero leggere questo romanzo – spero che lo facciano – riuscirebbero di sicuro ad apprezzare come la Storia è fatta anche dai gesti delle tante persone dimenticate che incidono molto e condizionano persino le azioni dei potenti.
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