Home I lettori ci scrivono Presidi ben pagati? giusto, ma anche staff di presidenza, docenti e Ata

Presidi ben pagati? giusto, ma anche staff di presidenza, docenti e Ata

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La volontà del Governo Draghi, sostiene il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, è quella di “investire molto sulla figura del preside che richiede competenza specifica e gestisce situazioni complesse”. Caro Ministro, da docente “anziano” di Musica rilevo un errore di tonalità nelle sue parole. Non pochi Presidi, oggi “Dirigenti Scolastici”, sono incompetenti e non riescono a gestire situazioni complesse.

Al limite riescono a riempire le inutili scartoffie che funzionari ministeriali forse impegnati a dimostrare la loro esistenza in vita, inviano a raffica. Potrei fare nomi e cognomi di Dirigenti Scolastici palesemente incapaci o indegni di ricoprire un ruolo così importante, ma rispetto la normativa sulla privacy. Posso però affermare, senza tema di smentita, che la loro fortuna è costituita dagli Staff di presidenza. Si tratta dei Collaboratori del Preside e dei Referenti di Plesso, cioè di maestre e professori spinti dalla “profepassione” del bravo insegnante e dal desiderio di far funzionare al meglio la loro Scuola, che strutturano l’Orario delle Lezioni, predispongono le Variazioni d’Orario giornaliere per la sostituzione delle colleghe e dei colleghi assenti, gestiscono mille e mille problematiche relative agli alunni, alle strutture, ai sussidi didattici, etc.

Parafrasando Luigi Einaudi, qualsiasi cosa inventi il Governo di turno per ostacolare, frenare, “tagliare” lo sviluppo della Scuola, i Collaboratori e i Referenti danno l’anima per sostenerlo, accelerarlo, implementarlo. Non agiscono certo per “vil denaro”, dato che i compensi accessori iscritti negli emaciati bilanci delle Istituzioni Scolastiche non sarebbero sufficienti per riconoscere un decimo delle ore di lavoro giornaliere da loro svolte a scuola e a casa. Tranne i pochi beneficiari di una riduzione dell’orario di cattedra in base alle ore di ex Potenziamento previste dalla renziana Legge 107/2015, i Collaboratori del Preside devono insegnare nelle classi a loro affidate e svolgere le mansioni previste dagli incarichi assunti. In sintesi, fanno molto comodo in una Scuola retta dall’”Economia dei fichi secchi”.

La controprova? Se gli agonizzanti sindacati del comparto Scuola, sempre alla rincorsa di chimere stipendiali e di tutele per i fannulloni che si annidano anche tra personale docente, di segreteria e collaboratori scolastici, proclamassero il “civil rifiuto” di qualsiasi incarico non previsto dal vigente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro o funzione docente o collaborazione con i Presidi, la Scuola si fermerebbe. Sarei curioso di osservare la competenza specifica dei Dirigenti Scolastici nella formulazione dell’Orario delle Lezioni o nella stesura giornaliera delle Variazioni d’Orario, etc. O vogliamo parlare dell’organizzazione dell’Orientamento, delle visite e dei viaggi d’istruzione, degli eventi musicali-artistici-sportivi di fine anno, etc.?

Il patto scellerato che regge la Scuola dei fichi secchi è sempre lo stesso: “Per quel poco che fai – sibila il Governo al Docente – ti pago anche troppo!”; “Per quel poco che mi paghi – ribatte il Docente al Governo – faccio anche troppo!”. Non vedo in giro la volontà politica o sindacale di spezzare tale circolo vizioso. Le nuove generazioni di insegnanti hanno iniziato a rifiutare incarichi moralmente votati al benessere di alunne e alunni e organizzativamente preziosi per la Scuola, ma assolutamente privi di una dignitosa e sacrosanta copertura economica.

Forse sono sulla strada giusta. Giunto al quarantaduesimo anno di docenza, sogno un “Nuovo Rinascimento della Scuola”, a partire dall’immediato licenziamento per manifesta incompetenza dei Dirigenti Scolastici Provinciali e Regionali pluri-soccombenti di fronte ai Giudici dei Tribunali Amministrativi Regionali, ovviamente con recupero dei danni erariali da loro procurati. Al tempo del Covid-19, un bel ricambio d’aria non guasterebbe negli USP e negli USR, senza dimenticare le stanze di Viale Trastevere.

Antonio Deiara