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Prof accoltellata, per sindacati e presidi è un fatto gravissimo: giusta l’espulsione da scuola dello studente, ma quale ragazzata!

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Tra i sindacati e i presidi sembra trapelare pieno consenso per la decisione presa dal Consiglio d’Istituto del liceo scientifico Alessandrini di Abbiategrasso di votare all’unanimità l’esclusione dallo scrutinio, con conseguente espulsione dall’istituto, dello studente sedicenne che lo scorso 29 maggio ha ferito a coltellate la sua insegnante di Storia. Una decisione, invece, non accolta positivamente dalla famiglia del ragazzo che ha annunciato l’intenzione di presentare ricorso al Tar contro il provvedimento, definito dell’avvocato Stefano Rubio “un po’ pilatesco” e “immotivato” perchè “assunto senza che il ragazzo fosse nelle condizioni di difendersi”.

Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola, ha invece giudicato “l’episodio molto grave: come in tutte le istituzioni – ha detto la sindacalista all’Adnkronos – ci sono delle regole che sono ratificate dal Consiglio d’Istituto e sono oggetto deliberazioni alle quali partecipano anche le famiglie”.

Il legale che difende il ragazzo ha però avuto da ridire sulla decisione presa dalla scuola del Milanese di affidarsi al Consiglio d’Istituto: secondo il legale, l’eventuale punizione per quanto accaduto a fine maggio ad Abbiategrasso avrebbe dovuto prenderla solo il Consiglio di classe.

Barbacci (Cisl Scuola): fatto di una gravità e violenza inaudita

Su questo punto Barbacci ha ricordato che “gli organi collegiali” sono deputati alla “regolamentazione anche della vita interna all’istituzione scolastica” e “oggetto di Patto formativo e di Patto di corresponsabilità con le famiglie. Quindi si tratta semplicemente di assumere una decisione che il Consiglio di classe ha in qualche modo valutato essere quella più opportuna alla luce delle regole che la scuola si è data”.

La leader della Cisl Scuola ha catalogato “il fatto accaduto di una gravità e di una violenza inaudita, che quindi merita che sia affrontato anche con regole forti, significative e che non venga derubricato come una ragazzata ne venga sottovalutato dal punto di vista del disagio che a questo sottende. Proprio perché le istituzioni sono tali nel momento in cui si danno delle regole, mi sentirei di dire ‘rispettiamole e facciamole rispettare queste regole’”.

Per concludere, secondo Barbacci “se il consiglio di classe si è riunito e ha fatto questa scelta, credo che sia suffragato anche da regolamenti dell’istituto e da scelte che sono state, in qualche modo, condivise nel momento dell’iscrizione e nel momento in cui sono state assunte le decisioni collegiali, anche alla presenza dei genitori”.

A proposito del ricorso che presenterà l’avvocato della famiglia del giovane al Tar, Barbacci ricorda che “il giudice verificherà che in realtà queste regole c’erano, ci sono e credo ci debbano essere. Sono decisioni, espressioni legittime di valutazione dei Consigli di Classe e d’Istituto nella pienezza dei loro poteri“, ha concluso la sindacalista Cisl Scuola.

Costarelli (Anp Lazio): ha fatto bene il Consiglio d’Istituto

Sulla stessa lunghezza d’onda si pone Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi Lazio: “Mi trovo assolutamente d’accordo con la decisione del Consiglio d’Istituto – ha detto anche lei all’Adnkronos -, perché un atto talmente grave non poteva che avere come conseguenza, come sanzione la più grave, quella della bocciatura come prevista dalla normativa. E il ricorso presentato dalla famiglia la dice lunga su come, e io stesso l’ho sottolineato molte volte, la scuola da sola non può educare, serve anche la famiglia”.

Secondo la ds romana, “di fronte a un atto del genere, la famiglia avrebbe dovuto accogliere la sanzione a scopo correttivo e come segno per sottolineare un atto veramente inqualificabile, perché arrivare ad accoltellare una docente è di una gravità assoluta”.

“Il pensiero che abbiamo avuto tutti è stato quello di come quel ragazzo sia andato a scuola armato. Quindi vuol dire che dietro c’è una famiglia che probabilmente non ha svolto il suo ruolo educativo perché quel coltello quel ragazzo l’ha portato a scuola. Il ricorso della famiglia ci conferma che dietro questo grave comportamento di questo ragazzo, c’è una famiglia che non sta svolgendo il compito educativo che dovrebbe svolgere”, ha concluso Costarelli.

Per la docente accoltellata un lungo periodo di riabilitazione

Nel frattempo,la professoressa Elisabetta Condò, ferita il 29 maggio scorso, dopo una lunga operazione è uscita dall’ospedale dopo qualche giorno di degenza. Durante l’accoltellamento in classe ha ricevuto sei fendenti, di cui uno alla testa che le ha provocato una microfrattura: l’insegnante sta affrontando un lungo periodo di riabilitazione fisica, con supporto anche psicologico.

La docente qualche giorno fa ha detto: “Avevo preferito inizialmente la linea del silenzio stampa, ma poi una serie di informazioni false diffuse sui media, in particolare circa presunte note con cui avrei vessato l’alunno“.

“Mi dispiace – ha continuato – sentire minimizzare da parte dell’avvocato del ragazzo la mia sofferenza. Ma da questa vicenda vorrei trarre spunto per ragionare sul rapporto tra la scuola e la società sempre più esasperata nella quale viviamo. In primo luogo tengo a precisare che, nonostante sia uscita dall’ospedale il quarto giorno dopo l’intervento, il dolore al braccio è ancora intenso, ho diverse ferite da taglio sulla testa, inclusa una microfrattura cranica, e che i colpi inferti vicino al collo per puro caso non hanno intercettato l’aorta, altrimenti non sarei più qui”.

“Sono ancora ben lontana dal poter riprendere una vita normale. Mi attende infatti una lunga e dolorosa fisioterapia, oltre che un percorso di supporto psicologico, senza considerare il danno permanente che potrebbe conseguire a quanto accaduto”, ha concluso l’insegnante.