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Prove Invalsi: no dei Cobas

La “vittoria” conseguita dai sindacati di base che sono riusciti di fatto a far fallire il progetto sulla sperimentazione della valutazione delle scuole e dei docenti serve adesso ai Cobas a rilanciare la protesta contro le prove Invalsi destinate alla rilevazione degli apprendimenti nelle scuole primarie e secondarie (saranno coinvolti non meno di due milioni e mezzo di alunni delle classi II e V della primaria, I della secondaria di primo grado e II della superiore).
A Torino, in particolar modo, i Cobas ritengono che la decisione della direzione regionale di estendere la sperimentazione della valutazione dei docenti a tutte le province del Piemonte sia la prova che il programma ideato dal Ministero sia del tutto fallito e che le scuole non abbiano nessuna intenzione di aderire ad un progetto finanziato con i risparmi derivanti da tagli di cattedre e licenziamenti di personale precario.
E così, adesso, i Cobas si preparano ad una nuova battaglia, quella contro le prove Invalsi che, a parere del sindacato di base guidato da Piero Bernocchi, hanno il solo scopo di contribuire a mettere in piedi un meccanismo che servirà a collegare lo stipendio del singolo insegnante ai risultati ottenuti dai propri allievi.
In realtà appare difficile, se non impossibile, che questo meccanismo possa essere messo in funzione in tempi ragionevoli; intanto c’è il fatto che le rilevazioni dell’Invalsi riguardano per ora solamente l’italiano e la matematica e se davvero gli esiti dei test dovessero servire per definire gli stipendi, questo significherebbe escludere a priori da ogni possibile beneficio economico un buon 30 dei docenti italiani.
E poi c’è il fatto che la notevole mobilità del personale renderebbe di fatto un meccanismo del genere del tutto iniquo e inattendibile: un docente che arriva per trasferimento in una nuova classe, soprattutto se si tratta di una classe finale, non potrebbe essere considerato “responsabile” dei cattivi (o buoni) risultati dei propri allievi.
I Cobas sono comunque convinti che i test dell’Invalsi serviranno a stilare graduatorie di insegnanti e per questo motivo stanno invitando i collegi dei docenti a rifiutare la somministrazione delle prove, adducendo tra l’altro motivazioni anche di carattere giuridico alla tesi secondo cui la stessa somministrazione non sarebbe obbligatoria.
C’è da dire che la “battaglia” contro le prove Invalsi non è un fatto nuovo: già negli anni passati aveva infiammato le scuole; negli ultimi anni si era un po’ spenta.
Sarà interessante vedere se, adesso, complici le ultime decisioni del Ministero sulla valutazione dei docenti, la battaglia riprenderà con rinnovato vigore.

Reginaldo Palermo

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