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Quota 96: alcune precisazioni sulla specificità della scuola

Relativamente alla vicenda dei lavoratori della scuola appartenenti alla Quota 96, qualcuno parla di disparità fra i lavoratori della scuola nati nel 1952.
Nelle lotte portate avanti dal Comitato Civico Quota 96, ha assunto sempre particolare salienza politica la rivendicazione della peculiarità della scuola. Viene quindi da chiedersi come sia possibile, dopo tanta letteratura, prefigurare di mandare in pensione i soli nati ENTRO il 31 agosto del 1952. Per quale motivo bisognerebbe creare delle divisioni all’interno del popolo di Quota 96 quando invece servirebbero, quali atteggiamenti sovrani, l’unione e l’intesa? Ci permettiamo di fare qualche breve riflessione in merito nella speranza di dissipare eventuali dubbi.
Un popolo così agguerrito e così preparato, che ha organizzato, grazie al direttivo del Comitato, ben tre manifestazioni nazionali per tutelare il diritto negato dal governo Monti alla pensione con le vecchie regole, è sorto, come i lettori sapranno, per difendere (e per far correggere) l’errore tecnico contenuto in un articolo della legge Fornero. Non è un caso che abbia chiesto ripetutamente, al passato come al presente governo, di rimodulare, senza stravolgerla, quella iniqua legge-manovra al comparto scuola.
La legge 449/97, all’articolo 59, comma 9, ripresa anche dal giudice di Siena, recita così: «Per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno».
I requisiti per il pensionamento nella scuola, in buona sostanza, si possono maturare entro il 31 dicembre dell’anno solare (ecco perché si parla di «prevista maturazione del requisito»: sia quello anagrafico, sia quello contributivo); ma il pensionamento effettivo, come sempre è stato in questo settore, avviene il 1 settembre, cioè alla «data di inizio dell’anno scolastico e accademico». Il che vuol dire, per la scuola, come già precisato, dal 1 settembre, e per l’Afam, l’Alta formazione artistica e musicale, che comprende le accademie e i conservatori, dal 1 novembre. Tutti i patronati fanno i loro calcoli, da che mondo è mondo, con questi dati ben precisi. Basta andarsi a leggere le circolari del Miur degli ultimi anni per averne chiara e precisa conferma.
Stupisce, pertanto, che qualche dubbioso e inesperto educatore abbia potuto rimettere in discussione, dopo un anno e mezzo di lotte e di puntualizzazioni sul piano giuridico, un principio elementare sancito da una legge tuttora in vigore per la quale il Comitato si sta battendo energicamente e che Manuela Ghizzoni ha esplicitamente richiamato nel suo sito (come nelle sue proposte di legge) chiarendo che non esiste alcuna disparità fra i nati nel 1952 secondo il principio normativo regolato dalla citata legge 449/97.
I giuristi insegnano che una norma generale non può prevalere su una norma speciale – in base al principio «Lex specialis derogat generali» – e che una legge generale, destinata a una generalità indifferenziata di casi, viene sempre derogata da una legge speciale che tiene conto di situazioni particolari, meritevoli di una disciplina ad hoc. Se così non facesse, la legge generale sarebbe viziata da irragionevolezza e illogicità e quindi incostituzionale. È singolare che il Comparto Scuola, che è sempre stato oggetto di una disciplina speciale in materia previdenziale, venga fatto rientrare nella disciplina generale dalla riforma Fornero senza che nulla sia stato modificato rispetto al passato. Se una legge, come quella che regola il pensionamento del settore scolastico, ha attribuito a un soggetto un diritto soggettivo, un diritto che è entrato a far parte del suo patrimonio giuridico, una legge successiva non glielo può togliere perché si tratterebbe di una situazione sostanzialmente equiparabile ad un esproprio.
Proprio per queste ragioni riteniamo che sia controproducente, in questo delicatissimo momento, proporre simili ragionamenti falsati che servono solo a creare disordine e confusione nei lettori, o forse a destabilizzare le rivendicazioni di questo nuovo popolo rosa nato e cresciuto sul web.

Redazione

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