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Ragazzo al telefono su Ferrari in corsa va virale, il dibattito: come educare se i media fanno pubblicità ad azioni sconsiderate?

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In questi mesi si parla moltissimo di educazione dei giovani, soprattutto in relazione a fatti di cronaca che li hanno visti come carnefici: basta pensare agli stupri di Palermo e Caivano o all’omicidio di Giulia Cecchettin. Si è molto discusso sui cattivi modelli che ci sono nella nostra società.

Il video andato virale

Qualche giorno fa, come riporta La Repubblica, è diventato virale il video di un ragazzo che si vede intento a parlare al telefono seduto comodamente sul cofano di una Ferrari in corsa per le vie di Milano, come se fosse sul divano di casa, con le gambe penzoloni, auto che si vede passare ad un incrocio con il semaforo rosso, per giunta. Non è ben chiaro se il video sia stato confezionato da qualcuno per denunciare l’azione o per essere in qualche modo protagonista della bravata.

Anche in questo caso è esploso il dibattito sull’educazione ma anche sul ruolo dei diffusori di informazione, i media. I mezzi di informazione devono diffondere video del genere? Secondo una nostra lettrice no, in quanto c’è il rischio di emulazione: “Cosa pensare quando i media fanno ampia pubblicità a certe azioni sconsiderate per poi dire che i giovani di oggi sono irresponsabili, ineducati, insensibili e che c’è bisogno dell’educazione ai sentimenti? Non sarebbe meglio pubblicare solo un trafiletto senza immagini e senza video per evitare e scongiurare folli e pericolose imitazioni”?, ha detto.

I ragazzi non hanno modelli di vita?

I ragazzi hanno dei modelli di vita cattivi o non ne hanno proprio? Questa la domanda che si fa il giornalista Carlo Baroni, su Il Corriere della Sera, raccontando un aneddoto relativo ad un docente, che ha posto la domanda fatidica ad un ragazzo: “Chi sono le tue figure di riferimento?”.

La risposta è spiazzante. “Lui ci pensò e rispose che non gli veniva in mente nessuno. Nessuno che lo ispirasse. Poteva cavarsela magari con il nome di un rapper. O del bomber della squadra del cuore. Preferì la via della sincerità. Non vedeva nessun modello di vita intorno a sé”, ha raccontato il docente, sorpreso.

Né i genitori, né un idolo musicale, né un campione sportivo: nessuno. Questa mancanza di un modello a cui ispirarsi non suggerisce nulla di buono. “La stessa domanda trent’anni fa avrebbe avuto un’altra risposta. Esistevano ancora gli ‘eroi’. O quantomeno donne e uomini che noi ritenevamo tali. Non che il mondo fosse un posto migliore per viverci. Solo ci sembrava ci desse più speranza. Sono cambiati i ragazzi di oggi? Difficile fare confronti. Ma l’idea è che siano i grandi a latitare”, ha scritto il giornalista.

A volte purtroppo i modelli di vita, se ci sono, sono negativi: in molti hanno puntato il dito contro certe cantanti neomelodiche o serie tv che romanticizzano la criminalità.