Regole matematiche dietro il lavoro delle api: la loro importanza per l’Universo

CONDIVIDI

Oggi per fortuna stiamo iniziando a capire che le api sono fondamentali per la vita sulla Terra, ma in pochi ricordano che ci hanno dato anche qualche bella lezione di matematica. Ne parliamo in occasione della giornata mondiale delle api, che è stata giovedì 20 maggio!

Piccole e operosissime, anche se spesso lontane dal nostro sguardo, le api hanno catturato l’attenzione di molti curiosi già tanto tempo fa. René-Antoine Ferchault de Réaumur è stato uno dei più grandi scienziati del Settecento, un illuminista ammaliato dall’idea di poter far ordine nel caos, di poter comprendere con la propria mente i misteri dell’Universo. Si occupò degli argomenti più disparati, come accadeva all’epoca, dalla digestione degli uccelli alla produzione del ferro e dell’acciaio; la sua curiosità però era particolarmente attratta dagli insetti e fra questi soprattutto dalle api. Passò anni a osservarle e a studiarle tanto da aver dato alle stampe un’opera gigantesca in sei volumi che è considerata oggi la base dell’entomologia moderna.

Dunque analizzava con attenzione ogni aspetto della loro vita: fra le tante curiosità che lo colpirono vi era l’alveare e la sua struttura. L’attento René iniziò a chiedersi come mai il favo, costruito per conservare larve, miele e polline, presentasse sempre la stessa struttura, quella che noi appunto oggi definiamo a nido d’ape.

Ciò che lo affascinava era il pensiero che le api potessero in qualche modo seguire una logica precisa, magari matematica, potessero mettere in pratica quelle stesse leggi naturali che governano le stelle e i pianeti. Un’idea meravigliosa che restituiva ordine e senso al creato! Così chiese a un suo amico matematico, tale Johan König, di risolvere un problema. Senza avergli raccontato l’affascinante ipotesi sulle api per non influenzare la sua risposta, formulò questo quesito: tra tutte le celle esagonali a fondo piramidale qual è quella che può essere costruita con minor materia?

Il risultato fu: che l’angolo ottuso doveva essere di 109 gradi e 26 primi e l’acuto di 70 gradi e 34 primi. Una differenza minima, di soli due primi di grado, rispetto alle rilevazioni eseguite sul favo. Una risposta stupenda perché dimostrava l’attenzione quasi geometrica del lavoro delle api la loro abilità quasi perfetta. Però René rimase perplesso. Questa minima differenza era fastidiosa, annichiliva la sua ipotesi e con il tempo si convinse che forse il risultato non era giusto, così chiese più volte a Johan di ripetere l’esperimento, ma il risultato fu sempre quello. Due primi di differenza.

Fino a quando qualche anno dopo, una nave inglese naufragò dopo aver centrato gli scogli della madrepatria. Si salvarono tutti, ma l’episodio fu, come potete immaginare, imbarazzante. Com’è possibile che una nave della marina più potente del mondo centri le proprie coste? Un’indagine dimostrò che comandante ed equipaggio avevano fatto tutto a dovere e svelò che le tavole logaritmiche utilizzare per la navigazione contenevano un errore. E guarda caso si trattava delle stesse tavole usate da Johan König, il quale potè così correggere il suo lavoro e giungere allo stesso risultato delle api.

Già nel Settecento dunque, anche grazie al lavoro di questi due studiosi, fu chiaro che le api sono un ingranaggio piccolo ma fondamentale dell’Universo, che il loro bene è intrinsecamente legato al nostro e che prendersi cura di loro significa prendersi cura del mondo interno e soprattutto di noi stessi. Per parafrasare il Talmud: chi salva un’ape, salva il mondo intero!

iscriviti

ISCRIVITI al nostro canale Youtube

METTI MI PIACE alla nostra pagina Facebook