Uno studente con disturbo specifico di apprendimento accertato può avere necessità di misure compensative e dispensative, da adottare anche e soprattutto in occasione delle prove d’esame, come più volte scritto su questa testata giornalistica: quando questa basilare necessità, prevista dalla Legge 170 del 2010 e indicata nel Pdp, non viene espletata, si va a determinare un danno oggettivo all’allievo.
A ribadirlo è stato il Tar del Lazio, pronunciandosi l’11 giugno su un ricorso relativo all’ammissione al corso di laurea a numero chiuso in Medicina e Chirurgia, disponendo la ripetizione della prova di ingresso per lo studente Dsa, il quale non aveva svolto la prova con l’ausilio di tutti gli strumenti compensativi richiesti al momento della presentazione della domanda.
In particolare, rileva lo studio legale Bonetti & Delia che ha disposto il ricorso, il Tar impone all’amministrazione di consentire lo svolgimento di una nuova prova, stavolta con l’ausilio di un tutor, inizialmente non concesso al ricorrente.
Il giudice amministrativo, dunque, ha rilevato “la sussistenza di evidenti profili di pregiudizio per il ricorrente ove non gli fosse consentito di partecipare alle prove in regime di par condicio con gli altri candidati che versino nella sua medesima condizione”.
“Trattasi di un provvedimento molto importante e a tutela degli studenti disabili – dice l’avvocato Michele Bonetti – che impone all’amministrazione il rispetto di tutte quelle garanzie che il nostro ordinamento mette a disposizione degli studenti con Dsa”.
La sentenza, quindi, conferma che l’utilizzo degli strumenti compensativi e dispensativi, indicati nel Pdp (ad esempio calcolatrici, computer, tablet mappe concettuali predefinite, ecc), va sempre attuata: quindi, anche in occasione degli Esami di Stato, maturità compresa.
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