Con riferimento alla diffusione della nuova variante sudafricana del coronavirus, il ministro della Salute Speranza ha posto l’accento sull’essenzialità della terza dose del vaccino.
Già, la terza dose. Una domanda: perché il governo, di cui Speranza fa parte, non ha previsto anche per la terza dose una priorità per il personale scolastico, dopo quello sanitario, delle Rsa e degli over 80? Com’era stato fatto con le prime due dosi: né più né meno. Perché – forse occorre che qualcuno lo ricordi al governo – lavorare in un ufficio di 40 metri quadrati in due o in tre e magari con due giorni alla settimana di smart working non è esattamente come operare in classi in cui ci si trova a soggiornare in 25 in una cinquantina di metri quadrati, dunque con due metri quadrati a testa.
Nemmeno va dimenticato che l’inverno è alle porte e la possibilità di aerazione dei locali si riduce notevolmente. Ora per molti docenti i sei mesi dalla seconda dose del vaccino sono trascorsi o stanno terminando e, secondo quanto ci dice la scienza, l’efficacia della vaccinazione si è ridotta significativamente, al punto che adesso la terza dose può essere somministrata già dopo cinque mesi.
Dunque, molti insegnanti trascorreranno il mese di dicembre in trincea con una protezione ridotta e dovendo fare i conti con la variante Omicron, posto che quanto prima si diffonderà anche da noi, come insegna l’esperienza finora acquisita. Perché dunque, ripeto, non si è data priorità ai docenti? Perché?
Sergio Mantovani
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