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Togliere il crocefisso per integrare le diversità

Sono 232.766, il 3 per cento dell’intera popolazione scolastica, secondo il Ministro dell’Istruzione, gli alunni  stranieri che nell’anno in corso frequentano le scuole italiane. Di essi oltre il 50 per cento risulta essere di religione non cristiana (musulmani, buddisti, induisti, scintoisti).
Il problema della loro integrazione all’interno del sistema formativo italiano appare dunque evidente e la soluzione posta dalla sentenza del giudice Montanaro di Ofena (Aq) solleva questioni non solo reali, ma anche ineludibili.
Sulla stampa nazionale è apparso chiaro da subito quanto il problema tenda a dividere a metà l’opinione pubblica nazionale. Da una parte vi sono le ragioni della laicità dello Stato, dall’altra quelle di una parte dei cattolici presenti in tutti gli schieramenti politici. Le prime sono così sintetizzate da un laico, esponente della maggioranza governativa, il repubblicano Giorgio La Malfa “è inevitabile che se si accetta, così come si deve accettare, la presenza di una pluralità di religioni, questo problema si pone. Gli ultimi che si possono sorprendere di quanto sta avvenendo sono i fautori dell’integrazione degli extracomunitari per una società multietnica e cioè Fini e Buttiglione“.
Un altro laico, il preside e dirigente della Cgil Scuola, Armando Catalano, ha aggiunto: «E´ una sentenza coraggiosa, innovativa e moderna, che sottolinea la laicità dello Stato … Credo che sia l´esempio cui bisogna ispirarsi, anche se in Italia questo discorso è ancora difficile da accettare. Bisogna confrontarsi con il fatto che la realtà della scuola è profondamente mutata, che la scuola non è solo frequentata da bambini cattolici, ma è un mondo multietnico e multireligioso. Togliere il crocifisso dalle pareti delle aule serve a favorire l´integrazione degli alunni, e combatte le discriminazioni perché assicura a tutti un trattamento paritario. Credo che bisogna rispettare tutti gli studenti, e che la via per farlo sia creare una scuola che sia un luogo neutro».
Dall’altra parte dello schieramento emerge, prima di tutto, il punto di vista della Conferenza Episcopale Italiana che ha protestato attraverso il segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, sostenendo che sarebbe “in contraddizione con una legge vigente dello Stato, che nessun Parlamento ha mai cambiato né tanto meno la Corte Costituzionale. La decisione del tribunale rischia di aprire la strada ai fondamentalismi religiosi più estremi“. Secondo lui, infatti, il crocefisso non è solo un simbolo religioso, ma anche “l’immagine in cui il popolo italiano riconosce le radici stesse della sua civiltà”.
Un altro cattolico, il ministro dell’interno Pisanu, ha dichiarato: “rispetto questa sentenza, ma mi sento offeso come cristiano e come cittadino. Il crocifisso, infatti non è solo il simbolo della mia religione, ma anche l’espressione più alta di 2000 anni di civiltà, che appartengono interamente anche al popolo italiano. Questa sentenza … rischia di turbare la sincera disposizione al dialogo che esiste tra la stragrande maggioranza delle chiese, delle comunità e dei gruppi religiosi presenti in Italia”.
Il Ministro dell’Istruzione, infine, ha dichiarato che continuerà ad applicare la legge del 1924.

Calogero Virzì

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