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Un docente su alcuni colleghi: interagiscono con gli alunni con saccenteria e protervia, come se non fossero mai stati studenti

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In ogni dove vediamo trionfare l’ingiustizia: innocenti o ladri di polli languono in carcere, mentre i veri criminali non solo decidono al vertice i giochi, ma spesso sono pure osannati. Già Catone il censore scrive: “I ladri privati sono nei ceppi, mentre i ladri pubblici vivono tra la porpora e l’oro”. Iniquità è veder prevalere le scelleratezze sugli atti meritori, l’ignoranza sulla cultura, la grettezza sulla magnanimità, l’ipocrisia sulla sincerità… 

Anche la scuola, come sineddoche della società, non è immune da tali squilibri. 

Penso ad alcuni colleghi che interagiscono con gli allievi, ostentando saccenteria, protervia e sufficienza, come se non fossero mai stati studenti.  Sono, nel migliore dei casi, polverosi eruditi – sovente il contrario di cultura non è ignoranza ma erudizione – Qualcuno dirige uno sparuto centro “culturale” o un’associazione dagli scopi bislacchi: grazie a questi incarichi può gonfiarsi come la celebre rana. Vanità inutile e goffa. Qualcun altro elabora progetti infantili, spacciandoli per idee geniali. 

Quello, però, che più colpisce di codesti personaggi è la loro totale, acritica, fervente adesione all’ideologia del sistema, alle decisioni dei governi, anche le più dissennate e discriminatorie. Poi è gravissimo: si affannano ad inculcare i loro storti convincimenti negli altri. Fanatici e stolidi, diventano patetici, allorquando, nel tentativo di ammorbidire la loro immagine spigolosa, implacabile di “moralizzatori”, pubblicano video contenenti accorati annunci su mici e cagnolini smarriti: vogliono così esibire un lato tenero, filantropico del tutto estraneo alla loro natura egocentrica e glaciale.  

Costoro, nonostante la loro passabile conoscenza del Greco e del Latino, della Storia, della Filosofia etc. non hanno appreso uno iota sottoscritto dai classici. Dov’è l’humanitas, dov’è la saggezza, dov’è l’anelito conoscitivo, dov’è la passione per tutto ciò che è bello, etico e vero, eredità di molti autori antichi e moderni, nelle paludate, soporifere, soprattutto ideologiche lezioni di “insegnanti” siffatti, di cattivi maestri incattiviti dal livore e da complessi di inferiorità? Quanto è preferibile colloquiare con un agricoltore indotto, ma ancora in grado di osservare la natura e che, verbigrazia, ha compreso che lassù qualcosa non quadra, piuttosto che annoiarsi ad ascoltare le geremiadi di codeste larve. 

Geremiadi: sì. Essi sanno soltanto biasimare questo o quest’altro collega, questo o quest’altro Dirigente, questo o quest’altro Ministro e, a volte, le loro doglianze hanno ragion d’essere, ma sono poi così diversi? Il classico caso del bue che dà del cornuto all’asino. Nondimeno, se tali “precettori” non lavorassero a contatto con le nuove generazioni, i danni sarebbero circoscritti: ahinoi, essi stanno in cattedra e rovinano in modo irreparabile, indottrinando – essi indottrinati fino al midollo –  legioni di bambini e di adolescenti, futuri “manichini ossibuchivori”. Nessun argine può essere eretto contro la loro propaganda spacciata per istruzione, nessun freno agisce sulla loro infrenabile volontà manipolatoria: anche solo uno solo di questi settari, con il suo influsso maligno, il suo carisma negativo, rischia di condizionare l’intero corpo docente. Li vedi nei Collegi: gli occhi spiritati, la voce alterata da posseduto, altezzosi, ma intenti a simulare modestia, atteggiati ridicolmente ad un’indegna dignità, tuonare contro quei docenti che non hanno segnato la nota disciplinare ed inflitto un’esemplare punizione allo scolaro che, per prendere una boccata d’aria, si è tolto un attimo la mascherina. Infingardi, quando bisogna adempiere i propri compiti, ma alacri, instancabili nella delazione, nel pettegolezzo, nell’ininterrotto concepimento di iniziative balzane. 

Che pensare dell’invidia che li consuma! Invidiano tutti coloro che ottengono in modo naturale la stima delle classi, perché inclini ad educare, non a plagiare, perché si rapportano con gli studenti, il personale, i genitori, pur nel rispetto dei ruoli, con equilibrio, trasparenza e buon senso, perché insegnano, ma sono disposti ad imparare anche dal più pigro degli alunni che tuttavia può avere un’intuizione. 

Ecco allora che questi ottusi “giudici” ricorrono alle blandizie nei confronti di genitori e Dirigenti affinché l’insegnante “eretico” – in realtà colui che dimostra professionalità e correttezza – sia segnalato all’USP con i pretesti più strambi e calunniosi, vilipeso, escluso. Tutto è finalizzato ad ostracizzare l'”eterodosso”, nonché ad apparire, a primeggiare nei Consigli, nelle Assisi, magari sfoggiando qualche perla “culturale” (una sentenza latina pronunciata con gli accenti sbagliati) o un anglicismo: ‘testare’, in luogo del bellissimo ed italianissimo ‘saggiare’. Oggigiorno, se non si infiora un discorso con qualche forestierismo, non si è al passo coi tempi. Il loro idioletto è da mezzobusto, (ma tutto scemo) televisivo, il loro “pensiero” combacia con le sgrammaticate e deliranti dissertazioni degli editorialisti che scrivono per qualche testata organica al potere, la loro mentalità è borghese e classista ma con una vernice egualitaria, il loro gusto pacchiano, pur in una negletta ricercatezza. 

Quante osservazioni bisognerebbe aggiungere per completare la fenomenologia degli spiritati! Nondimeno forse basterà concludere, parafrasando una metafora di origine evangelica: codesti insegnanti sono simili ad alberi sterili. Essi non hanno fronde, quindi non offrono ombra; non danno frutto, quindi non sfamano: i loro rami storti e secchi sono buoni solo per essere arsi, quando arriva la stagione invernale. Questi alberi vanno infine sradicati: tolgono spazio e nutrimento alle piante rigogliose e fruttifere.