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Una giustizia alta e altra: libro di Martello sulla mediazione nei tribunali

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L’arte della mediazione è la politica, ma perché essa, la mediazione, non può entrare anche nei tribunali e dunque essere il perno attraverso cui la giustizia riesce ad appianare i conflitti, piuttosto che acuirli, separando e dividendo, spezzando e scomponendo? 

A entrare in questo universo, poco esplorato in vero, il libro di Maria Martello, docente di Psicologia dei rapporti interpersonali, mediatrice e giudice onorario presso la Corte d’Appello di Milano, col suo recente libro, pubblicato dalle Edizioni Paoline, 16,00 Euro, dal titolo, “Una giustizia alta e altra. La mediazione nella nostra vita e nei tribunali”, con prefazione di Cristina Simonelli.

Nel testo, l’autrice pone in primo piano il ruolo e le competenze del mediatore, e dunque le modalità del suo intervento, mentre l’obiettivo della mediazione è quello di trasformare le dinamiche che hanno generato il conflitto, entrando nel punto di vista della controparte e manifestando la propria, e precisando gli obiettivi reali e le motivazioni per trovare vie d’uscita onorevoli per i contendenti. 

Il perno di questo discorso starebbe, secondo Martello, nel recupero di quella tradizione umanistica e culturale attenta ai valori della persona; e a quell’altra socratica della maieutica per rendere le parti protagoniste del processo di mediazione. “Una opportunità – scrive l’autrice- per imparare ad affrontare il conflitto, a conoscere meglio se stessi, a migliorare in poche parole il proprio livello di umanità aprendosi al dialogo con l’altro, il diverso da noi senza considerarlo un nemico da abbattere”.

Il giudice, dunque, e il relativo giudizio, non avrebbe motivo di esserci, se il mediatore riesce a tirare fuori dai contendenti le proprie ragioni, aiutando, con discrezione, le parti a riaprire il dialogo interrotto dal conflitto stesso.

Da qui pure, ma essenziale, la robusta preparazione del mediatore dei conflitti, con forti competenze relazionali, notevoli doti di equilibrio interiore. 

Un nuovo senso insomma del giudicare nei tribunali e nella vita, così come la Ministra Cartabbia ha dichiarato: “C’è modo e modo per risolvere il conflitto: quando lo si risolve con la spada resta sempre una cicatrice che fatica a ricomporsi, ma quando si ricorre alla mediazione possiamo avere un effetto rigenerativo…” 

Un testo che, come sottolinea Martello, si pone in linea con la riforma della giustizia in approvazione al Parlamento, e nella quale vengono superati le consuete procedure, aprendosi a un rinnovamento sostanziale del diritto. 

“C’è bisogno di una giustizia altra- scrive ancora Martello-. È giunto il tempo per incarnare il messaggio che Rembrandt bene celebra nella sua opera Il figlio prodigo. Così dobbiamo volere e adoperarci perché la nostra società abbia una nuova opportunità per risolvere un conflitto, divenuto contenzioso, con regole diverse da quelle giuridiche”.