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Mobilità. No vincolo triennale ma incentivo a restare? Stipendi docenti più alti per chi garantisce la continuità didattica

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La riforma del reclutamento e della formazione insegnanti, come abbiamo anticipato più volte, è in attesa di una lunga serie di decreti attuativi, uno per tutti, il famoso Dpcm che avrebbe dovuto essere approvato entro fine luglio e del quale abbiamo perso le tracce.

In compenso, il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha dichiarato di avere firmato il decreto per la valorizzazione degli insegnanti (attualmente al vaglio degli organi di controllo) che specifica secondo quali criteri alcuni docenti potranno essere premiati, in termini economici.

L’interrogativo che rimane aperto, allo stato attuale dei fatti, fintanto che il testo del decreto non sarà reso pubblico, è se tali criteri siano esclusivamente legati alla continuità didattica e dunque autonomi dalla partita formativa o se verranno legati a quella formazione incentivata (o incentivante) definita dal DL 36, convertito in legge 79/2022 e messa a punto dal provvedimento del DL Aiuti bis (che ha trasformato il docente esperto in docente stabilmente incentivato).

Quali criteri dovranno coesistere per giustificare l’aumento di stipendio?

Il comunicato del Mi riassume come segue:

Con il provvedimento firmato, viene dato peso nella valorizzazione degli insegnanti: 

  • alla continuità didattica: si terrà conto del numero anni di permanenza nella medesima scuola che stia in una provincia diversa da quella della propria abitazione;  
  • alla sede di lavoro: si valorizzerà il personale che insegna da più anni in istituti di territori che presentano condizioni socio-economiche più disagiate, maggiore dispersione o il rischio di spopolamento. 

La presenza di entrambe le condizioni comporterà una valorizzazione economica maggiore. 

Non è la prima volta che si parla di incrementi stipendiali legati alla permanenza in una scuola a rischio o ad alta dispersione. In qualche modo sembra ritornare il principio della dedizione all’insegnamento la cui dicitura era spuntata fuori nell’ambito della legge di bilancio, contro la quale i sindacati avevano polemizzato. Ancora una volta gli stipendi vengono connessi agli elementi quantitativi (il numero di anni dedicato alle scuole disagiate) più che agli aspetti di merito legati alla competenza pedagogico-didattica.

Una tematica su cui si era espressa anche Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia (oggi fuori dal Parlamento): “L’idea di legare gli aumenti stipendiali alla dedizione all’insegnamento è terribile, mi auguro che il Parlamento cancelli subito questa espressione inserita da non si sa chi nell’articolo 108 della legge di bilancio – ha dichiarato quasi un anno fa Valentina Aprea – Il problema fondamentale non è quantitativo: certamente ci vogliono più insegnanti ma soprattutto sono necessari insegnanti di qualità, con una migliore formazione”.

In qualche modo, il provvedimento sembra anche risolutivo della criticità del vincolo alla mobilità. In altre parole si potrebbe essere giunti a quelle formule incentivanti cui molti sindacati hanno auspicato per spingere i docenti a non abbandonare il posto di lavoro. Insomma, la norma sul vincolo triennale potrebbe decadere in favore di un meccanismo diverso, basato sui cosiddetti incentivi a restare? Restiamo in attesa di saperne di più.