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Addio scatti di anzianità?

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Qualche giorno fa il Ministro Carrozza ha avuto un’audizione presso la VII Commissione del Senato per riferire riguardo il pasticcio degli scatti d’anzianità prima concessi poi sottratti e poi di nuovo restituiti al personale della scuola che ha maturato l’automatismo stipendiale nel 2013. Il Ministro ha colto l’occasione per puntualizzare (per chi avesse ancora dei dubbi) la sua posizione riguardo l’oramai vexata quaestio della progressione di carriera degli insegnanti. Queste le sue parole: “le progressioni per anzianità hanno fatto il loro tempo” . È necessario, a questo punto, fare un po’ di chiarezza. Innanzitutto resta ancora il problema, in sé gravissimo, del prelievo sugli stipendi del personale non docente che non ha avuto lo stesso trattamento del personale docente; poi il decreto recante disposizioni temporanee ed urgenti in materia di automatismi stipendiali del personale della scuola con cui il Consiglio dei Ministri ha bloccato la restituzione per gli insegnanti dei soldi stabilita dal DPR 122/2013, non ha, di fatto, ripristinato lo scatto stipendiale del 2013.
Gli insegnanti in oggetto infatti hanno avuto il cedolino dello stipendio di Gennaio con una decurtazione che equivale alla restituzione dello scatto e poi hanno avuto una integrazione attraverso una seconda emissione da parte della Direzione Provinciale.
Questa seconda emissione di denaro, pari alla cifra spettante per lo scatto stipendiale, non rappresenta quindi il passaggio ad un gradone stipendiale superiore, ma si configura piuttosto come una tantum, e ciò significa che resta fermo il blocco, ai fini pensionistici, degli automatismi stipendiali, blocco a suo tempo stabilito per gli anni 2011, 2012 e 2013 dalla legge 122/2010 (varata a seguito di un accordo sottoscritto da CIL e UIL) e riferita a tutto il personale del pubblico impiego.
Non ci stupiamo quindi quando la Carrozza annuncia la volontà di eliminare completamente e una volta per tutte, il concetto di progressione di carriera con automatismi stipendiali per il comparto scuola. Il sentimento che semmai ci invade è l’indignazione di fronte allo sconcertante accanimento con cui si procede alla demolizione professionale degli insegnanti nel nostro Paese. Abbiamo oramai stipendi da fame, i più bassi d’Europa (e bisogna notare con rassegnazione che i vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno mai avvertito l’urgenza dell’adeguamento salariale per gli insegnanti ai parametri europei!), con contratto bloccato e non rinnovato oramai da più di un quinquennio.
Il blocco degli scatti di anzianità, operante dal 2011, è stato del resto in parte arginato attingendo dalle risorse stanziate per il fondo d’istituto: da risorse quindi comunque destinate alla scuola ed al lavoro straordinario, nello specifico all’ampliamento dell’offerta formativa. Il taglio al settore quindi resta invariato!!!
È doveroso comunque ricordare che la penalizzazione di questa categoria di professionisti ha origini lontane e risale, nello specifico, al 1993 e cioè al momento in cui veniva applicato anche al comparto scuola il decreto legislativo n. 29, per opera del quale l’intero pubblico impiego subiva la privatizzazione del contratto di lavoro: passava cioè dall’essere materia regolata dal diritto pubblico a materia regolata da diritto privato.
Esclusi dal calderone del pubblico impiego, che in sé accoglie dal ‘93 tutti gli altri dipendenti pubblici, sono i docenti universitari, i magistrati, l’avvocatura di stato, l’esercito, le forze di polizia, che continuano ad avere un contratto di natura pubblica.
Tra le tutele contrattuali che sono venute meno in occasione della privatizzazione del contratto di lavoro vi erano anche gli scatti biennali che garantivano l’adeguamento salariale all’inflazione dichiarata e non a quella programmata – vaticinata sempre al ribasso – dal ministero dell’economia, oltre che “il ruolo” che rappresentava la vera e insostituibile garanzia dell’autonomia professionale e della libertà d’insegnamento. È proprio a causa di questo inquadramento di livello impiegatizio (unico nella UE) che gli insegnanti italiani sono all’ultimo livello retributivo, e proprio per questo sarà possibile applicare al comparto scuola, in sostituzione degli automatismi stipendiali, gli stessi criteri di ‘valutazione’ da travet previsti per il pubblico impiego dal decreto 150/2009 (il famigerato decreto Brunetta) e basati sull’applicazione di meccanismi punitivo-premiali, alla faccia della libertà d’insegnamento mutuati dal mondo dell’azienda, quali l’incentivazione della ‘produttività’, la ‘trasparenza’ dei test Invalsi (sic!) nella performance e il controllo dei ‘risultati’ (burocratici e non didattici).
Teniamo alta la guardia quindi perché questo potrebbe essere uno dei peggiori attacchi sferrati negli ultimi anni contro l’intera categoria del personale della scuola: la prossima settimana è previsto un incontro con i sindacati pronta-firma (gli stessi del ‘concorsone’ a quiz del 2000) per discutere proprio della modifica del nostro contratto di lavoro e sancire, in via definitiva, la soppressione degli scatti di anzianità e l’introduzione di nuovi meccanismi di ‘progressione di carriera’.