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Ata, batosta per i precari: dopo i 2mila tagli, anche i posti vacanti ai soprannumerari delle province!

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La Legge di Stabilità parla chiaro: il prossimo anno verranno tagliati 2mila Ata. E ora cominciano a conoscersi i dettagli dell’operazione: arrivano da un incontro svolto l’11 febbraio al Miur tra amministrazione e sindacati, al termine del quale è seguito uno “sfogo” del leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima.

“‘La scuola che cambia, cambia l’Italia’ è il titolo suggestivo di un’iniziativa del partito del premier, ma per il momento – ha detto il sindacalista – l’unico cambiamento lo avrà la vita di 2.000 lavoratori della scuola: 1.000 collaboratori scolastici e altrettanti assistenti amministrativi. Grazie ai tagli previsti dalla legge di stabilità resteranno da settembre senza lavoro. È quello che scaturisce dall’incontro di oggi al MIUR sugli organici ATA del prossimo anno scolastico, e non è certo un buon viatico per gli imminenti annunci di provvedimenti sulla scuola”.

L’assurdo della decisione del Governo è che l’organico ATA si dimostra già oggi del tutto insufficiente, “tant’è vero che è stato necessario incrementarlo di circa 5.000 posti – aggiunge Scrima – perché le scuole potessero funzionare regolarmente. Ci vuol poco a capire che se rimarranno i tagli annunciati, ne faranno le spese il tempo scuola e la qualità dell’offerta formativa”.

Ma la novità, che per molti precari è un’altra mazzata, è soprattutto un’altra: “i precari ATA sarebbero costretti, ci dice il Ministero, a lasciare il posto ai dipendenti in esubero delle province. È una scelta che non esitiamo a definire aberrante, perché non è certo togliendolo ad altri che si può pensare di difendere il lavoro tagliato con scelte di cosiddetta “razionalizzazione”, improvvisate e demagogiche”.

 

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Le perplessità del sindacato verranno sicuramente espresse nel corso dell’incontro del 16 febbraio con il ministro dell’Istruzione: da “Giannini ci attendiamo chiarimenti ma soprattutto qualche indispensabile segnale di ripensamento e di cambio di rotta, perché quella imboccata è una rotta di collisione con le ragioni vere del lavoro e della scuola”, conclude Scrima.

 

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