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Calza (FLC CGIL), la nuova valutazione alla primaria e la sua dimensione collegiale

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Alla vigilia della pubblicazione dell’Ordinanza Ministeriale e le Linee guida della valutazione periodica e finale degli studenti della primaria, abbiamo ascoltato Manuela Calza della Segreteria Nazionale della Flc Cgil, esperta di didattica e valutazione.

Il Ministero dell’Istruzione ha presentato ai sindacati la bozza dell’Ordinanza Ministeriale e delle Linee guida della Valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria. Cosa ci può dire riguardo ai contenuti di queste bozze?

Premetto che è un risultato  fortemente voluto dalla FLC, frutto di un impegno che ci ha sempre visti protagonisti e si è tradotto negli ultimi mesi in alcune iniziative concrete: dalla petizione che nel mese di maggio ha raccolto molto consenso nel mondo della scuola al sostegno all’iter legislativo che ha portato alla definitiva abolizione della scala decimale di valutazione nella scuola primaria. La bozza dell’ordinanza, e ancor più le Linee guida, prevedono l’introduzione, al posto del voto numerico,  di un giudizio descrittivo, riferito agli obiettivi individuati sulla base delle Indicazioni Nazionali e declinati nel curricolo. A questo corrisponde inoltre un livello di apprendimento espresso in forma sintetica.

Definizione dei livelli e formulazione dei giudizi fanno riferimento alle principali dimensioni che caratterizzano l’apprendimento, facendone emergere gli aspetti  cognitivi e metacognitivi, emotivi e sociali. Preciso che, al momento, si tratta di una bozza.

Qual è la differenza sostanziale tra il vecchio voto numerico che veniva dato ai bambini frequentanti la scuola primaria e la nuova valutazione espressa attraverso un giudizio descrittivo?

Cambia radicalmente l’ idea di valutazione. Il voto numerico, infatti, quantifica e classifica,  rischiando di evidenziare e approfondire le diseguaglianze, non offre minimamente il quadro della complessità degli apprendimenti.  Al contrario, il giudizio guarda non solo agli esiti ma all’intero processo di insegnamento/apprendimento,  rilevandone i punti di forza e di debolezza; diventa strumento per costruire nuove strategie didattiche ai fini del miglioramento, per rimodulare l’insegnamento sui bisogni concreti degli alunni.  Può essere il presupposto di una scuola autenticamente inclusiva, che non lascia indietro nessuno,  valorizza le differenze e su di esse costruisce i propri interventi formativi.

Può spiegarci in sintesi qual è la differenza tra una valutazione sommativa e una di carattere formativa? Dal punto di vista dello studente quali sono i vantaggi di ricevere una valutazione formativa?

I due concetti non sono in contrapposizione. La valutazione formativa ha lo scopo di accompagnare, descrivere, orientare il percorso stesso. Ha un funzione regolativa, di valutazione e autovalutazione, che investe sia l’alunno che l’insegnante. La valutazione sommativa si effettua per rilevare conoscenze, abilità, competenze traguardate dall’alunno al termine di un periodo didattico prestabilito. Anche in questo caso non significa sancire il successo o l’insuccesso di un alunno, ma registrare e descrivere un traguardo che non può che essere dinamico, soprattutto se si tratta di alunni in una fase delicatissima del loro sviluppo cognitivo. In entrambi i casi, un giudizio descrittivo è, più di un voto, funzionale allo scopo.

Pensa che il modello di una valutazione attraverso un giudizio descrittivo potrebbe essere attuato anche per la scuola secondaria di I e II grado?

Sono convinta che occorra andare in questa direzione. Partire dalla scuola primaria significa far leva su un patrimonio culturale-pedagogico preesistente, da recuperare e valorizzare. Ma in  tutti gli ordini di scuola c’è bisogno di valutazione e di valutazione ben fatta.  Senza dimenticare poi che la scuola primaria è incardinata negli istituti comprensivi che hanno il loro senso di esistere nella costruzione di  curricolo verticale, ovvero in un processo unitario, graduale e coerente, continuo e progressivo. La valutazione ne è parte integrante, necessita di strumenti coerenti e, soprattutto, occorre condividerne la funzione nell’evolversi dei processi cognitivi.

Come le scuole affronteranno questo cambiamento?

Il nuovo modello di valutazione chiama fortemente in causa la dimensione collegiale della professionalità docente, valorizza e implementa l’ autonomia delle istituzioni scolastiche,  chiamate a disegnare il loro strumento, a individuare la rosa degli obiettivi, a elaborare giudizi descrittivi coerenti con il piano dell’offerta formativa, al di là degli esempi presentati nelle Linee Guida. Si tratta di un’ operazione complessa, per la quale è prevista una fase di transizione, un’attuazione “progressiva” accompagnata da azioni di formazione. A questo proposito sarebbe opportuno provvedere subito all’assegnazione alle scuole delle risorse necessarie

Cosa risponderebbe a chi accusa che l’abolizione del voto numerico è prodromico all’abolizione del valore legale del titolo di studio?

Risponderei che mi sfugge il nesso. La scuola ha necessità di dotarsi di strumenti per promuovere le potenzialità di ciascuno e il successo formativo, innalzare i livelli di istruzione, offrire a tutte e a tutti le competenze per l’esercizio di una cittadinanza attiva.  In quest’ottica, il valore del titolo di studio, sostanziale oltre che legale, non può che giovarsi di una valutazione formativa che, proprio per la sua funzione autoregolativa, migliora la progettazione e quindi la qualità dei processi di insegnamento/apprendimento.