Home I lettori ci scrivono Convegno nazionale “Star bene a scuola”

Convegno nazionale “Star bene a scuola”

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“Una delle maggiori cause di stress per i docenti proviene dal  rapporto con i dirigenti scolastici,  i quali spesso, per ignoranza o per arroganza, negano ai dipendenti i più elementari diritti”. Con queste parole il coordinatore per la Calabria della FGU-Gilda Insegnanti, Antonino Tindiglia,  ha aperto i lavori della conferenza nazionale sul tema “Star bene a scuola- per ridare un senso alla professione docente”, tenutasi il 7 maggio presso l’ ITG di Lamezia Terme. Il sindacalista ha voluto alludere al fatto che alcuni presidi pare abbiano negato ai docenti l’autorizzazione a partecipare, malgrado l’incontro fosse riconosciuto dal Miur come attività di aggiornamento, con diritto all´esonero dal servizio. Nel mondo della scuola si registra una crescente disaffezione degli insegnanti nei confronti della propria professione. Negli ultimi anni la scuola è stata al centro di radicali mutamenti sociali e legislativi che hanno inciso profondamente sulla qualità del lavoro dei docenti, determinando il manifestarsi di un malessere diffuso, spesso correlato al nuovo clima che si vive nelle scuole. Un graduale svilimento, quello della professione docente, i cui semi furono gettati nel ‘68, con l’abbattimento della asimmetria educativa docente-alunno, e il cui colpo di grazia è stato inferto dall’ autonoma scolastica, con l’accentramento di poteri in seno ai dirigenti. Analizzare le cause che rendono l’insegnamento un mestiere “usurante”, è stato appunto l’obiettivo del convegno nazionale organizzato dalla Gilda, in collaborazione con il Centro Studi Nazionale e l’ Associazione Docenti Art. 33. Nel corso del dibattito, cui ha preso parte anche l’assessore alla cultura della Regione Calabria, Mario Caligiuri, si è cercato di dare una risposta a domande del tipo: perché la stanchezza e il disamore dopo anni di insegnamento? Perché l’usura professionale è così alta tra i professori? Come resistere fino al pensionamento?  Gianluigi Dotti, responsabile del Centro Studi Nazionale della Gilda Insegnanti, ha illustrato i risultati di un’indagine condotta dalla SWG Trieste in collaborazione con la Gilda, dalla quale risulta che il disagio è legato principalmente all’eccesso di burocrazia e al mancato riconoscimento sociale della professione docente.

Secondo Fabrizio Reberschegg, presidente dell’Associazione Docenti Art. 33,   l’autonomia scolastica ha peggiorato le cose, spostando l’asse educativo dal rapporto  docente-discente al ruolo dell’allievo come “cliente”, in un’ottica aziendalistica che ha indebolito notevolmente la figura dell’insegnante. “Spesso i dirigenti- ha affermato-  impongono ai docenti comportamenti lesivi della libertà di insegnamento garantita dall’art. 33 della Costituzione”.  Reberschegg ha criticato anche la cosiddetta “scuola-progettificio”: “Un’attività progettuale – ha detto- non serve, se poi non si ha cura di verificarne gli effetti sugli allievi. I progetti devono essere pochi  e ben fatti”.  L’esperto si è soffermato, in particolare, sul “burnout”, termine con cui viene definito lo stress da lavoro, che può manifestarsi nelle professioni con forti implicazioni relazionali. E ha sottolineato come la valutazione dello stress lavoro-correlato, con le misure per prevenirlo, eliminarlo o ridurlo, rientri finanche nel processo di valutazione dei rischi, previsto dal decreto legislativo 81 del 2008.  Il tema del burnout è stato centrale nell’intervento di Vittorio Lodolo D’ Oria, medico specialista in patologie professionali degli insegnanti e autore del libro “Pazzi per la scuola”, il quale ha esposto i rischi professionali correlati all’ insegnamento e le possibili ricadute sulla salute mentale.  Lodolo D’ Oria ha illustrato come il rischio di patologia psichiatrica negli insegnanti sia dell’ 80%, ma il dato più eclatante è che tale rischio è presente in pari misura nella donne e nell’uomo. La normativa prevede una ricognizione sullo stress da lavoro e la messa in atto di opportune contromisure. “Tuttavia- ha denunciato D’ Oria– soltanto l’1 % delle scuole adotta dei questionari, tra l’altro inadeguati e inaffidabili, dai quali vien fuori che stanno tutti bene, invece sappiamo che non è affatto così”. “Su un milione di insegnanti- ha affermato- almeno 24.000 sono psicotici e 120.000 depressi. Quella del docente è una helping profession altamente usurante, che lo espone più di tutti al rischio di suicidio e a patologie psichiatriche». Lo stress lavorativo viene trasportato inevitabilmente anche nella vita privata. “Il docente- conclude Lodolo D’ Oria- deve gestire una dimensione professionale e una dimensione personale. Poiché la prima è fortemente a rischio, è fondamentale avere molta cura della propria sfera relazionale e privata”.