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Covid, la scuola è sicura: gli scienziati confermano, ma il ministro Bianchi non si esprime

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Ha riscosso consensi l’intervento del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi al question time del 24 marzo, decisamente in linea con la posizione sulla scuola della maggioranza governativa. Rispondendo all’on. Gianluca Vacca, secondo il quale la pandemia “ha causato e sta causando gravi danni pedagogici, educativi, psicologici e sociali” e necessita “ogni sforzo per assicurare la riapertura e la fruizione delle attività scolastiche in presenza”, il nuovo titolare del dicastero dell’Istruzione ha replicato in modo netto: “è stata una decisione molto sofferta, dolorosa”, pertanto, ha sottolineato Bianchi ribadendo il concetto espresso poco prima dal premier Mario Draghi al Senato, il governo “sta investendo risorse ed impegno per far rientrare tutti i nostri alunni, quanto prima, proprio a partire da quelli più piccoli, che frequentano la scuola dell’infanzia e la primaria. Ma l’obiettivo è non fermarsi a loro”.

Vacca (M5s) non ha dubbi

Sempre l’on. Gianluca Vacca, nel rivolgersi al professor Patrizio Bianchi, si è soffermato sul fatto che “secondo il Centro europeo per il controllo delle malattie, l’apertura delle scuole non ha influito significativamente sulla maggiore diffusione del virus che ha condotto alla cosiddetta seconda ondata” e anche sull’intervento di “Sara Gandini dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, che, sulla base dei dati raccolti attraverso un’imponente ricerca italiana condotta insieme a epidemiologi, medici, biologi e statistici, ha affermato che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle eventuali possibilità di contagio del virus, anche riguardo le cosiddette varianti”.

Le richieste di chiarimento del grillino si sono basate, quindi, sul largo studio incrociato sui dati di epidemiologi, medici, biologi e statistici relativi a 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.

Fratelli d’Italia incalza

Contestualmente, pure Fratelli d’Italia ha inviato una richiesta analoga al ministro dell’Istruzione, sollecitandolo ad esprimersi in Aula sul recente studio “apparso su Il Corriere della Sera e che incrocia le cifre del Ministero dell’istruzione, di aziende sanitarie e della Protezione civile”, dal quale “emerge che il tasso di positività tra i ragazzi è inferiore all’1 per cento dei tamponi”, e “che stare in classe non fa salire la curva della pandemia”.

Ancora di più, hanno detto dal partito guidato da Giorgia Meloni, ora che si “evidenzia che in Italia, dove le classi sono rimaste chiuse ben più a lungo che negli altri Paesi europei, non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza”.

Nella richiesta al ministro, si rimarcavano, infine, le conclusioni dello studio in base al quale «il rischio zero non esiste ma sulla base dei dati raccolti possiamo affermare che la scuola è uno dei luoghi più sicuri rispetto alle possibilità di contagio».

La replica mancata

Il ministro Patrizio Bianchi nella sua risposta ha auspicato un ritorno in classe immediato (come “il Governo che ha ribadito, per bocca del suo Presidente, la volontà decisa, decisissima, di ritornare quanto prima in presenza”) e spiegato però anche che “la sospensione dell’attività didattica in presenza” è stata di fatto una scelta “responsabile perché fondata sulle indicazioni scientifiche e perché volta alla tutela anche dei più giovani”.

Però, allo studio scientifico, o almeno giudicato tale, pubblicato poche ore prima dal primo quotidiano italiano, ed esplicitamente indicato nel question time, Bianchi non ha fatto alcun cenno. Considerando l’importanza dello studio a sostegno dalla sua tesi pro-rientro ravvicinato, e il fatto che anche il suo precedessore al palazzo bianco di Viale Trastevere, Lucia Azzolina, ha speso subito parole di elogio per la ricerca trasversale meritevole della pubblicazione sul più importante quotidiano d’Italia, la domanda sorge spontanea: il professor Bianchi ha volutamente ignorato lo studio del Corriera della Sera che assolve la scuola da qualsiasi responsabilità nell’allargare i contagi da Covid oppure ha semplicemente dimenticato di citare la pluri-ricerca?

Difficilmente lo sapremo. Di sicuro, però, il silenzio del ministro dell’Istruzione sull’articolo pubblicato sul Corriere diventa un piccolo enigma: perché, infatti, se quella del Corriere della Sera è stata da molti considerata, promotori del question time compresi, una ricerca imponente e dalle conclusioni certe, non è stata però nemmeno presa in considerazione dal ministro Bianchi?

Un silenzio che parla…

L’interrogativo è d’obbligo se si considera che la posizione sull’esigenza di far tornare i giovani in classe il prima possibile, espressa dallo stesso titolare del MI, è in perfetta linea con quella derivante dallo studio pubblicato sul Corriere della Sera.

Una replica del ministro, infine, avrebbe anche avuto il merito di spazzare via i dubbi che in questi ultimi due giorni sono stati posti sullo stesso studio, anche da intellettuali e da dottori di ricerca, perché considerato inattendibile e anti-scientifico: uno studio bollato come figlio di una serie di errori metodologici grossolani e di vari livelli di complessità.

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