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Crescere bambini per farne uomini e donne: il saluto ai colleghi di una pensionanda

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In occasione dell’ultimo Collegio Docenti del corrente anno scolastico, mi sia concesso esprimere il sentimento di affetto unito a vera stima che mi lega ai presenti per aver condiviso numerosi anni di scuola. 

Insegnare per me è stato come scrivere un romanzo intingendo il pennino nell’inchiostro dei sentimenti e delle emozioni. Ricordo i miei primi anni nella scuola dell’infanzia impotente davanti al pianto inconsolabile dei bambini che, in preda a vere e proprie crisi di abbandono, desideravano solo l’abbraccio confortante dei genitori. Ho imparato ben presto a capire che il gioco aveva la capacità demiurgica di creare un mondo alternativo capace di rassicurare e nel contempo trasmettere conoscenze e saperi.

Durante i miei anni nella scuola primaria l’alfabetizzazione, consistente spesso semplicemente nell’accompagnare la mano del fanciullo all’articolazione dei primi segni grafici, ha messo in rilievo, anche contro l’imperante digitalizzazione, che le mani rappresentano l’esperienza umana in grado di modellare la realtà: “grazie all’aver mani, l’uomo è il più intelligente degli animali” (Anassagora).

Nella scuola media invece, tramite l’approccio epistemologico alle varie discipline, ho avviato le menti alla logica formale come risoluzione astratta dei vari problemi e quesiti. La mia disciplina integrata con le altre per la costruzione nel discente di una cittadinanza attiva ha consolidato, infine, il gruppo docente nella collaborazione finalizzata alla costruzione di una coscienza aperta alla realizzazione di obiettivi sostenibili sia a livello ambientale che etico.

Nel sistema planetario, trasformato da un rapido aumento di potenza tecnologica e di interdipendenza, tutto è necessariamente connesso. Basta citare la gravità del disagio patito dai giovani per la perdita della didattica in presenza, in parte attenuata dalla Dad, per rendersi conto come la chiusura delle scuole non è stata patita solo come carenza di apprendimenti ma soprattutto come assenza di prossimità e deprivazione emozionale.

Per tutti noi docenti la pandemia, grazie all’impegno che ha chiamato in causa la capacità personale e collettiva di resilienza, si è rivelata occasione, in greco “Kairòs”, di crescita nella consapevolezza del bisogno di considerare insostituibile la concretezza della socializzazione vissuta sia con il mondo adulto che con i coetanei. Abbiamo compreso che la scuola come luogo d’incontro e di aggregazione è indispensabile, insostituibile e, mai come oggi, necessaria.  In questo Istituto Comprensivo, pertanto, sono stata così bene da non pensare nemmeno per un minuto di trovare in un’altra realtà scolastica condizioni di lavoro migliori. Certo non sono mancati momenti di sfiducia per divergenze e incomprensioni. Tuttavia relazioni interpersonali coinvolgenti, stimolanti e propositive hanno reso facilmente valicabili tali ostacoli con la passione educativa che accomuna tutti noi. In ognuno di voi, infatti, ho sempre ravvisato la leale dedizione e l’alta competenza nel trasmettere ai ragazzi con la cultura il senso profondo del vivere insieme come realizzazione di un progetto di benessere nella cosiddetta “Educazione Positiva”.

Dando un orientamento alla felicità e non all’efficienza abbiamo certamente contribuito a creare generazioni forse non perfette ma aperte all’ascolto e all’apprendimento per competenze, non solo tecniche ma umane. Durante gli incontri, per attivare e potenziare la continuità sia verticale che orizzontale nei vari ordini di scuola, ho sempre avuto la sensazione di aver posto con voi il vero fulcro dell’educazione nel valore universale dell’uomo che considera l’errore la prima forma di conoscenza. Come diceva il maestro Gianni Rodari “Di imparare non si finisce mai, e quel che non si sa è sempre più importante di quel che si sa”. Solo una scuola grande come il mondo, può aiutarci a costruire una comunità capace di considerare tutti parte della grande famiglia umana. Proprio per questo abbiamo sempre cercato di dialogare, pur partendo da situazioni diverse, sostenendoci reciprocamente con attività di tutoraggio e mentoring.

Il senso di appartenenza al ”Villaggio globale”, la solidarietà nel mutuo soccorso, l’autostima e la consapevolezza dell’importanza delle proprie radici non potranno che recare benessere non solo negli alunni ma anche in noi insegnanti. Educare non è facile ma rende felici.

Ringrazio di cuore tutti voi, docenti, compagni di un viaggio meraviglioso come quello di Ulisse che con i suoi compagni, dopo un lungo peregrinare, raggiunse infine la sua Itaca con il desiderio di nuovi e inediti approdi.

Maria Assunta Oddi

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