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Disabilità, non devono essere conteggiate le giornate festive intercorrenti tra i tre giorni di permesso legge 104/92

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Come si devono considerare i giorni festivi intercorrenti tra i tre giorni di permesso ex legge n.104/1992 chiesti dalla docente supplente per la giornata del venerdì, del lunedì e martedì?

A questa domanda ha recentemente risposto l’ARAN, con orientamento applicativo CIRS117, richiamando l’art. 19, comma 1, del CCNL Scuola del 29.11.2007, secondo il quale al personale assunto a tempo determinato si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite per il personale assunto a tempo determinato seppur con le precisazioni di cui ai commi seguenti dell’articolo citato.

L’art. 15 dello stesso contratto, “Permessi retribuiti”, al comma 6, nel trattare i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si limita a far presente che gli stessi sono retribuiti come previsto dall’art. 2, comma 3 ter, del decreto legge 27 agosto 1993, n. 324, convertito dalla legge 27 ottobre 1993 n. 423, e non sono computati ai fini del raggiungimento del limite fissato dai precedenti commi né riducono le ferie; essi devono essere possibilmente fruiti dai docenti in giornate non ricorrenti” .

In proposito, secondo l’ARAN “va, tuttavia, precisato che i permessi in esame si configurano – nel caso di rapporto di lavoro a tempo pieno – come diritto a tre giorni lavorativi di permesso al mese. Ne consegue che i giorni festivi o non lavorativi intercorrenti tra le giornate di permesso richiesto non vengono computati come giorni di permesso“.

Chi può fruire dei permessi

Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa, per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un’unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado.

In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità in situazione di gravità.

Fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli sopra elencati, che possono fruirne in via alternativa tra loro.

Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone con disabilità in situazione di gravità, a condizione che si tratti del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.