
Il parroco di Caivano, ormai celebre, Don Maurizio Patriciello, ha commentato l’arresto della docente di sostegno, picchiata da trenta genitori a novembre in una scuola media del napoletano, per molestie sessuali nei confronti degli studenti.
Il prete, che era “rimasto sgomento e amareggiato per la violenta reazione iniziale dei genitori”, come ha spiegato all’agenzia di stampa Adnkronos nei confronti della donna avvenuta alcuni mesi fa, di fronte alla notizia dell’arresto, si pone una serie di domande: “Innanzitutto chi sono le persone che devono educare i nostri ragazzi?”, come riporta La Repubblica.
“Spesso gli insegnanti di oggi lasciano a desiderare – afferma don Patriciello – per un motivo o per un altro non sono preparati a insegnare. Mi chiedo se ci sia un’attenta selezione sotto il profilo psicologico, culturale, emozionale”.
“Si poteva fare di più come scuola”
“Questa donna mi ha lasciato sbigottito. È una persona anche molto furba, scaltra, ma allo stesso tempo ingenua. Insegnare è una delle arti più difficili e nobili sulla terra, l’insegnante – afferma don Patriciello – è la persona che fa venire fuori un uomo maturo, ho un ricordo stupendo dei miei. I ragazzi li affidiamo a chi dovrebbe tirar fuori il meglio”.
“Come era possibile pensare che questo segreto potesse durare così tanto tempo? Qualche segnale l’avrà pure dato, anche i colleghi staranno pensando se qualche segnale è sfuggito e così gli studenti, che tra loro parlano. Ce la prendiamo con i nostri ragazzi violenti, ma a chi li affidiamo? Si poteva fare di più come scuola, corpo docente, genitori?”, conclude.
La docente inchiodata dagli audio inviati agli alunni
La 40enne si trova ora in carcere. Alla base delle accuse, le dichiarazioni acquisite dai magistrati con l’audizione in forma protetta dei 6 minori direttamente coinvolti nei presunti abusi e dell’analisi dei file audio estratti dal telefono cellulare dei ragazzi e dell’insegnante. Sul telefono dell’insegnante sono stati rinvenuti numerosi messaggi vocali dalla stessa inviati agli alunni, nonché materiale pornografico compatibile con quello descritto dalle vittime nel corso della loro audizione. Tutte le contestazioni dovranno ora essere vagliate.
“Dall’analisi del mio cellulare non verrà fuori nulla di compromettente”, aveva fatto sapere tramite il suo avvocato. Come riporta Il Corriere della Sera, le condotte imputate all’indagata hanno reso necessaria l’adozione della più grave tra le misure cautelari, quella della custodia in carcere, in quanto ritenuta “l’unica in grado di arginare il pericolo di reiterazione dei reati, anche in considerazione del fatto che, da un lato, la docente è ancora formalmente in servizio presso l’istituto scolastico”.
Per il giudice gli arresti domiciliari non avrebbero consentito di inibire alla donna l’utilizzo della rete internet, “con il conseguente pericolo di avere con altri minori ulteriori contatti analoghi”.
“La saletta”, il luogo in cui avvenivano gli abusi
I dettagli su quanto sarebbe accaduto sono agghiaccianti. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, a partire dal mese di ottobre 2023, la professoressa, titolare della cattedra di sostegno di uno dei minori coinvolti, avrebbe condotto i minorenni durante l’orario scolastico (con la scusa di impartire ripetizioni) in un’aula riservata della scuola. In questo locale, che la donna avrebbe soprannominato “la saletta”, l’indagata avrebbe mostrato alle vittime del materiale video pornografico, intavolato continui discorsi di natura sessualmente esplicita (ad esempio alludendo a proprie esperienze “ln materia” o di indicazioni su come e dove toccarsi o toccare, anche in parti intime, i partner), invogliato alcuni di loro a scambiarsi effusioni sessuali. Per la Procura, la donna avrebbe “finanche abusato sessualmente di uno di tali studenti, praticandogli in prima persona un rapporto orale”.
Quando non fu più possibile utilizzare l’aula, la professoressa avrebbe creato un gruppo su Instagram, chiamato appunto “la Saletta”. I messaggi avrebbero avuto “contenuto esplicitamente sessuale”: la prof si sarebbe “relazionata direttamente con i minori sulla base di un rapporto di tipo sostanzialmente paritario”. La 40enne avrebbe tenuto le vittime in uno “stato di soggezione”, minacciando bocciature, di far andare i genitori in carcere e di mandare loro stessi in comunità, anche millantando una relazione con un appartenente alle forze dell’ordine.
La situazione si è sbloccata quando uno degli alunni coinvolti è stato sospeso dopo essere stato scoperto a fumare in bagno. Questo episodio ha indotto i minorenni a confidarsi con i genitori, mostrando anche i messaggi dagli stessi scambiati tramite Instagram e WhatsApp con la professoressa. Da qui, poi, la tensione che ha spinto i genitori ad aggredire in gruppo la docente.