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Docenti esclusi dalla riforma pensionistica

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La Uil Scuola non si è solo soffermata sul fotografare anagraficamente gli insegnanti, ma è voluta andare oltre proponendo un modello di svecchiamento della docenza basato su cinque punti essenziali: un rinnovato sistema pensionistico meno rigido e più flessibile; un rendimento pubblico adeguato; un reclutamento stabile; delle norme specifiche per la scuola e, infine, delle nuove funzioni. A spiegarlo è lo stesso Massimo Di Menna, segretario generale del sindacato che ha condotto la ricerca: "Un sistema pensionistico meno rigido e più flessibile, accompagnato da un rendimento pubblico adeguato, da un reclutamento stabile con possibilità di svolgere diverse funzioni nel sistema di istruzione: sono queste – spiega Di Menna – le nostre proposte. Bisogna, anche alla luce dei risultati della nostra ricerca, riequilibrare il sistema pensionistico attuale considerando il fortissimo abbassamento del rendimento pensionistico relativo al personale scolastico. Se non si trovano rimedi sostanziali, come la definizione dei contratti, una adeguata pensione pubblica, sostegno e incentivazione alla pensione integrativa, il mondo della scuola rischia di vivere nei prossimi anni stagioni sempre più difficili".

Per il segretario della Uil Scuola un quadro di questo genere rischierebbe di abbassare ulteriormente la qualità della scuola pubblica: "Mentre fino ad oggi gli insegnanti in età avanzata – dice Di Menna – sono rimasti in servizio per scelta individuale, quindi fortemente motivati e preparati, nel tempo avremo insegnanti anziani costretti a rimanere in servizio controvoglia dalle norme di legge o da esigenze di carattere economico. Le conseguenze sono evidenti: in una società in continua trasformazione, che richiederà un continuo aggiornamento delle conoscenze, si rischia che molti saranno costretti a svolgere le attività professionali con minore slancio. Per questo il nostro organismo è pronto ad una ripresa dell’azione sindacale stante le forti preoccupazioni legate alla definizione dei decreti attuativi della riforma pensionistica e ai suoi effetti sui pubblici dipendenti. Su questo piano va considerata la specificità della scuola".

Di Menna è convinto che il mondo della scuola non può essere genericamente inglobato nella riforma pensionistica: "introducendo delle rigidità, che vanno nel senso contrario rispetto a quanto viene indicato dall’Unione Europea, la riforma avrebbe l’effetto di peggiorare questa situazione e non di migliorarla. In un sistema articolato e flessibile come quello italiano non ha senso imporre per legge, in modo rigido, il prolungamento dell’età pensionabile. Il sistema deve essere flessibile perché i lavori non sono tutti uguali: le stesse persone hanno necessità diverse. Tutte le ricette che fanno finta di non vedere questa realtà sono sbagliate. Bisogna invece – continua il leader della Uil Scuola – incentivare le persone, magari dando loro l’opportunità di cambiare funzioni, ma lasciandole libere di scegliere quando vogliono e possono andare in pensione".

E proprio la strada delle nuove funzioni potrebbe essere la via d’uscita da un prospettiva di invecchiamento progressivo del personale scolastico: "bisognerebbe – propone Di Menna – offrire la possibilità, a coloro che hanno raggiunto una avanzata età anagrafica e che ne fanno domanda, di poter essere utilizzati a svolgere diverse funzioni da quelle dell’insegnamento in classe. Una soluzione destinata ad avere risvolti positivi soprattutto nelle scuole materne e nelle elementari. Si tratta di puntare ad un utilizzo degli insegnanti per le tante nuove funzioni necessarie ad un sistema di istruzione sempre più complesso". Il sindacato propone anche quali potrebbero essere queste funzioni: tutoraggio per giovani insegnanti; ricerca e progettazione didattica; attività per il territorio in convenzione con gli enti locali; formazione permanente sugli adulti; piani di alfabetizzazione per gli immigrati.

Per il leader della Uil Scuola un altro tassello da considerare per lo svecchiamento del mondo della scuola dovrebbe essere quello del reclutamento stabile del suo personale: "bisogna intervenire sul sistema per arrivare ad una graduale eliminazione del precariato – conclude Di Menna – e dando stabilità agli organici attivando il doppio canale: 50% dei nuovi posti sulla base delle graduatorie e il restante 50% con il meccanismo della laurea specialistica e abilitante con selezione per l’accesso. Soluzione questa che consente ad una fascia di giovani di entrare subito nel mondo dell’insegnamento".