Edgar Morin, filosofo ma anche pedagogista, Quale idea di scuola?

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La Tecnica della Scuola ripropone in questi giorni il meglio delle interviste dell’anno scolastico 2020-2021.

L’8 luglio Edgar Morin ha compiuto 100 anni e per l’occasione la nostra testata ha voluto intervistare il pedagogista Italo Fiorin che con Morin ha avuto modo di collaborare in occasione della redazione delle Indicazioni Nazionali del 2007.
Morin è certamente uno dei massimi intellettuali del Novecento; egli è noto come il filosofo della complessità ma in realtà è stato anche un sociologo, un epistemologo e un pedagogista.
Nel 2007 venne chiamato da Mauro Ceruti, presidente della Commissione Ministeriale per la riscrittura delle Indicazioni, per collaborare alla redazione della premessa.

In questi giorni da più parti è stato sottolineato il contributo decisivo dato da Morin allo dibattito politico e culturale sui problemi dell’educazione.
Ne ha parlato per esempio la segretaria generale della Cisl Scuola Maddalena Gissi nell’intervento al Congresso nazionale del suo sindacato: “Proprio nella prefazione all’ultimo prezioso testo di Ceruti (‘Sulla stessa barca’) Morin osservava che ‘viviamo nell’età desertica del pensiero che non riesce a concepire la complessità della condizione umana nell’età globale’. Morin parla di un ‘pensiero sbriciolato in tanti frammenti che non riesce a vedere i rapporti fra le molte dimensioni della nostra crisi: economica, politica, sociale, culturale, morale, spirituale…’. Da qui la necessità impellente di una parola che anche a noi è cara: rigenerare, rigenerarsi. La frase che voglio riproporre è una sfida necessaria, alta e bellissima, racchiusa in queste poche, essenziali parole: quello che non si rigenera, degenera”.

La Flc-Cgil, nella giornata dell’8 luglio ha promosso un incontro on line per ricordare il filosofo francese.
Edgar Morin – spiega il segretario generale della FLC Francesco Sinopoli nel presentare l’iniziativa pubblica – ha dedicato gran parte della sua vita e del suo pensiero filosofico a ricercare, sempre di nuovo, il senso della conoscenza e della scienza per l’umanità. La ricerca lo ha condotto a ripensare il fine stesso della scuola e dell’università, come fattori decisivi per l’emancipazione e la liberazione dell’umanità. Ecco perché ha sempre sostenuto che quelle finalità dovessero condurre a teste ben fatte piuttosto che ben piene, soprattutto nella sfida del nuovo millennio. E le teste ben fatte sono proprio quelle che si misurano con la complessità storica-politica-ecologica del XXI secolo, e che sanno schierarsi criticamente, in modo autonomo e libero”.