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Scuola primaria, il ritorno alla valutazione con giudizio sintetico non piace ai matematici: ricerca pedagogica e didattica dicono altro

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Sta facendo discutere la volontà di diversi esponenti della maggioranza e anche del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, di mutare i criteri di valutazione nella scuola primaria perché ritiene non efficaci “le definizioni incomprensibili tipo ‘avanzato’, ‘intermedio’, ‘base’, ‘in via di prima acquisizione’” e per dare quindi spazio al giudizio analitico perché garantirebbe “valutazioni chiare e semplici, come ottimo, buono, discreto, sufficiente, insufficiente, gravemente insufficiente”.

La novità prevede il cambiamento nella modalità di valutazione degli studenti della scuola primaria con il ritorno al giudizio tradizionale sintetico, da ottimo a insufficiente. Mentre dal 2020 era stata adottata una sperimentazione con l’uso di livelli di apprendimento per i giudizi: avanzato, intermedio, base e in via di prima acquisizione, modalità ritenuta però da molti di difficile lettura.  

Nell’ultimo periodo la proposta ha trovato spazio anche in un emendamento al ddl 924-bis. Diversi addetti ai lavori reputano però che l’ennesimo cambiamento sulla valutazione del primo ciclo scolastico non faccia bene al sistema, ai docenti e soprattutto agli alunni.

Tra coloro che criticano apertamente il ritorno alla valutazione sintetica si è aggiunta, il 15 febbraio, la Commissione Italiana per l’insegnamento della Matematica dell’Unione Matematica Italiana: Umi-Ciim boccia, senza possibilità di appello, l’eventuale ritorno al giudizio sintetico alla primaria perchè “rappresenterebbe una rapida negazione del senso e della struttura della riforma della valutazione introdotta nel 2020”.

“La scuola primaria – scrivono i matematici – ha perseguito l’obiettivo di una valutazione descrittiva per molto tempo, basandosi su solide prove della ricerca pedagogica e didattica. Queste evidenze giustificano pienamente questa scelta. Mettere in discussione questo senso con il ritorno ai giudizi sintetici, senza dare il tempo di verificare realmente l’efficacia e di considerare l’adattamento che ogni processo di rinnovamento comporta, è discutibile”.

Secondo Maria Mellone, dell’Università Federico II di Napoli, presidente Umi-Ciim, “qualsiasi riforma della valutazione, per essere veramente efficace e significativa, deve avere il tempo di confrontarsi e eventualmente modificare la cultura della valutazione, e di integrarsi con una riflessione più globale sul senso dell’apprendimento e sul ruolo di scuola e famiglie”.

Secondo la presidente, al dicastero di Viale Trastevere dovrebbero quindi “riflettere su una questione di metodo ancora più rilevante e strategica: la scuola primaria ha fatto uno sforzo significativo per il rinnovamento introdotto alla fine del 2020. Se, come spesso accade in Italia, dopo poco tempo si annulla tutto dall’alto, vanificando gli enormi sforzi compiuti, sarà sempre più difficile per la scuola assumersi la responsabilità di nuove riforme importanti”.

Sarebbe bene, continua Mellone, invece valutare “attentamente su un eventuale cambio di direzione e riflettere insieme con il mondo della scuola per trovare soluzioni che migliorino senza necessariamente stravolgere. La speranza è che il Ministero, il Governo e il Parlamento ne siano convinti: c’è sicuramente tempo per pensarci e per avviare questo dialogo”.