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Giornata mondiale del Braille, l’alfabeto che favorisce l’inclusione di non vedenti e ipovedenti. Ma la scuola non fa abbastanza

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Festeggiata per la prima volta nel 2013, il 4 gennaio è la Giornata mondiale del Braille, l’alfabeto tattile composto da sei punti in rilievo su carta in grado di rappresentare lettere, numeri, simboli musicali, matematici e scientifici, che tanta parte ha avuto nel cammino di inclusione sociale e scolastica di tantissimi ragazzi non vedenti e ipovedenti.

Nato più di due secoli fa – era per l’appunto il 4 gennaio 1809 – a Coupvray, piccolo centro a una quarantina di chilometri da Parigi, il piccolo Louis perde la vista a soli tre anni a causa di un incidente domestico. I suoi genitori, già consapevoli della sua intelligenza vivace, lo spingono comunque a studiare iscrivendolo all’Istituto dei giovani ciechi. Lì, Louis può mettere a frutto la sua predilezione per la musica imparando a suonare l’organo, il pianoforte e il violoncello. Al tempo stesso, grazie alla rielaborazione e alla semplificazione di un procedimento di scrittura per non vedenti costituito da dodici punti in rilievo su due colonne, ideato da un vecchio militare dell’esercito napoleonico, Barbier de la Serre, Louis Braille inventa l’alfabeto che oggi conosciamo.

Nel 1829, a soli vent’anni, pubblica il saggio “Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro”: Braille scrive su un foglio diviso a righe, con un punteruolo che solleva piccoli coni di carta rigida nel punto perforato. Due colonne verticali da tre punti ciascuna, un sistema che perfeziona più volte, fino a essere adottato dall’Unesco, nel 1949, nelle lingue arabe, in quelle orientali e nei dialetti africani. Prematuramente scomparso ad appena 43 anni, Louis Braille riposa dal 1952 al Panthéon di Parigi: come all’epoca sottolineò il cronista della televisione francese, “non è soltanto la patria riconoscente, ma è tutta l’umanità riconoscente che accoglie le ceneri di Braille al Panthéon”.

Oggi, nelle scuole italiane, oltre quattromila ragazze e ragazzi ipovedenti si avvalgono del sistema Braille. Nell’ultimo Convegno intitolato “Buona Scuola e disabilità visiva”, organizzato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi e svoltosi ad aprile dell’anno scorso presso l’Istituto dei ciechi “Florio e Salamone” di Palermo, non sono mancate, tuttavia, le polemiche.

Come si legge, infatti, sulla pagina web del Giornale online dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, tutti i convegnisti hanno denunciato i mali cronici del processo di inclusione scolastica dei ragazzi ciechi ed ipovedenti: scarsa formazione generalizzata del personale scolastico sulla Didattica inclusiva e sulla Pedagogia speciale, inadeguatezza del contesto e insufficienza di servizi extrascolastici di supporto, insufficiente formazione specifica dei docenti di sostegno, dei quali solo una ristretta minoranza conosce il Braille.

Il messaggio di Valditara

A intervenire proprio in occasione della giornata mondiale del Braille è il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che su X ha postato una sua riflessione: “Il Braille è un fondamentale strumento di comunicazione e espressione che ha permesso a non vedenti e ipovedenti di accedere all’istruzione. In occasione della Giornata mondiale del Braille la biblioteca del Mim espone una raccolta di volumi scritti con questo codice. Stiamo lavorando per diffondere nelle nostre scuole nuove tecnologie legate alla intelligenza artificiale a vantaggio dei giovani con disabilità visive per rendere sempre più inclusiva la nostra scuola”.