Home Alunni I ritmi scolastici sono sbagliati, parte la rivoluzione?

I ritmi scolastici sono sbagliati, parte la rivoluzione?

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Secondo il professor Yvan Touitou, esperto di cronobiologia e membro dell’Accademia di Medicina in Francia, tutto dipende dalla «desincronizzazione», cioè l’alterazione del funzionamento dell’orologio biologico quando questo non è più tarato con i fattori ambientali, il che compromette l’attenzione e le performance degli studenti». Per risincronizzarlo al meglio, riporta il Corriere della Sera,  bisogna tarare l’offerta formativa sui ritmi di apprendimento dei bambini e degli adolescenti e non al contrario come oggi per lo più avviene

Occorre innanzitutto distinguere i ragazzi dai bambini: i primi dovrebbero poter dormire fino a tardi, e andare a scuola dopo aver avuto la possibilità di carburare. I secondi invece sono bisognosi, quanto più sono piccoli, di tante pause, periodi di apprendimento non troppo prolungati e possibilmente vacanze non troppo lunghe, onde impedire la regressione.

Spiega Touitou: «Gli orari scolastici convenzionali non sono adatti alle capacità di concentrazione dei bambini, che vengono sottoposti a giornate troppo cariche da cui escono stravolti e spesso demotivati. È assurdo chiedere 4 o 5 ore d’attenzione di fila quando si sa che il picco di quella di un bambino di 10-11 anni si situa nella seconda parte della mattinata tra le 10 e le 11».

Ma come sono organizzate le altre Nazioni rispetto all’organizzazione scolastica e dei ritmi studio/riposo?

In Francia la riforma dei ritmi scolastici, sperimentata lo scorso anno a macchia di leopardo nel Paese, è diventata universale. Per i prossimi tre anni i dirigenti di materne ed elementari potranno sperimentare nuove formule che riguardano i ritmi settimanali/annuali di studio/riposo, con alcune regole di base da rispettare. E cioè: settimana di massimo 24 ore ripartite su almeno 5 mattine per un totale di almeno 8 mezze giornate alla settimana; giornata scolastica di una durata massima di 6 ore consecutive e mezza giornata che non può superare le tre ore e mezza. Il dibattito sulla bontà della riforma, che va avanti da due anni, non retrocede. Secondo i suoi sostenitori, rispecchia meglio i ritmi dei bimbi grazie soprattutto all’eliminazione della settimana di 4 giorni, una «eccezione francese»: con un minimo di 4 giorni e mezzo settimanali, il bambino ha più tempo d’assimilare la materia e la desincronizzazione da inizio settimana rispetto ai ritmi del weekend risulta meno violenta. Ci vorrà qualche anno, comunque, per capire gli effetti di questa riforma.

In Italia, come è noto, nella scuola primaria si può scegliere tra moduli o tempo pieno: la scuola a moduli prevede un orario dalle 27 alle 30 ore settimanali, mentre la scuola a tempo pieno prevede un orario di 40 ore settimanali. I moduli vengono spesso considerati più adatti ai tempi dei piccolissimi. Nella scuola secondaria di primo grado l’orario scolastico dipende invece da scuola a scuola per un monte ore complessivo di 30 ore. Alcune scuole distribuiscono l’orario dal lunedì al venerdì lasciando liberi sabato e domenica e considerando le ore di 55 minuti, altre hanno una frequenza di 5 ore giornaliere dal lunedì al sabato e altre ancora hanno un orario di cinque ore giornaliere più rientri al pomeriggio. In generale con l’autonomia scolastica si registra un’ampia varietà di soluzioni, mentre nella secondaria di secondo grado l’orario può essere spalmato su 5 o 6 giorni settimanali, (a Genova quest’anno si è verificata la chiusura al sabato di ottanta istituti superiori gestiti dalla Provincia di Genova «per contenere i costi del riscaldamento e dell’energia elettrica»). L’Italia è il Paese con il più lungo periodo di pausa estiva e sicuramente il clima gioca un ruolo importante.

Gli studenti tedeschi hanno «solo» sei settimane di vacanza d’estate. La settimana scolastica è generalmente corta (ma alcuni Länder hanno introdotto anche il sabato mattina); le ore settimanali si concentrano tradizionalmente in lunghe mattinate (di solito 5 ore, con intervalli tra una lezione e l’altra variabili tra i 5 e i 20 minuti a seconda dell’istituto scolastico). I pomeriggi sono dunque in generale liberi, anche se ultimamente sempre più scuole tengono le porte aperte fino alle 16 o 17: una scelta promossa dal governo federale, ma più pensata per le madri lavoratrici che per i figli.

La Corea del Sud è famosa per le performance dei suoi studenti, al top delle classifiche internazionali, ma anche, insieme a Cina e Giappone, per il «forcing» nei ritmi scolastici imposti ai bambini fin dalla tenera età. In realtà le classi durano fino alle 3 del pomeriggio al massimo: il punto sono i carichi che si abbattono sul doposcuola privato: per stare al passo con compiti e programmi di studio, gli allievi passano da una ripetizione all’altra, al punto che il sindaco di Seoul ha proibito che si svolgano dopo le 10 di sera. E solo 6 studenti su 10 si dichiarano soddisfatti del sistema, contro gli 8 degli altri Paesi asiatici. La Corea del Sud detiene un record: il più alto numero al mondo di giorni di scuola all’anno.

In Finlandia c’è il sistema scolastico che sforna gli studenti più preparati d’Europa, e pertanto i ritmi scolastici sono morbidi: a livello settimanale, è la scuola più corta dei 34 Paesi OCSE e tutti gli alunni hanno diritto a una pausa di un quarto d’ora ogni 45 minuti di lezione. La scuola apre dal lunedì al venerdì, e chiude al massimo alle 3 del pomeriggio. Durante l’anno scolastico, sono quattro in totale le settimane di vacanza (oltre alle feste comandate), mentre dopo il duro inverno del nord, gli studenti se ne vanno in vacanza alla fine di maggio, per rientrare a fine agosto, dopo 10 o 11 settimane di vacanza.

Negli Stati Uniti la giornata scolastica nella scuola primaria in genere va dalle 8 alle 15-15.30, con un’ora di pausa pranzo. Nei cicli superiori l’orario va dalle 7.30 alle 14-14.30 e comprende sei lezioni da un’ora o quattro da 90 minuti, con 5 minuti di pausa tra le lezioni e una pausa pranzo di 30 minuti. Le attività extra curricolari e gli sport si svolgono nel pomeriggio. Nelle scuole pubbliche si fa lezione dal lunedì al venerdì. Chi frequenta gli «extra periods» – lezioni supplementari — entra alle 6.30 ed esce alle 15.30. Ai sessanta minuti di lezioni vengono sottratti sei minuti per consentire agli alunni di spostarsi nelle varie classi e per la pausa pranzo. E’ tra le nazioni, insieme all’Italia, che ha la pausa estiva più lunga.

In Gran Bretagna la principale vacanza scolastica dura più o meno sei settimane in estate e molte decisioni sull’organizzazione scolastica sono prese in ambito locale. Il governo ha stabilito delle linee guida per quel che riguarda gli orari e le ore di lezione settimanali, con un minimo 24 ore per gli alunni con un’età compresa tra gli 11 e i 16 anni. Quasi tutte le scuole superiori garantiscono almeno 25 ore di lezione alla settimana. Le giornate scolastiche sono organizzate in modo autonomo dalle singole scuole, ma normalmente le lezioni si svolgono dalle 9 alle 12, con una pausa pranzo e altre due ore di lezione nel pomeriggio.

Più attenzione ai teenager

I due Paesi anglosassoni hanno in comune una forte volontà di cambiamento nel segmento della «high school» e un’attenzione elevata verso il problema del sonno, soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti. In America si sta pensando infatti da tempo di regalare qualche ora di riposo in più ai teenager, proprio per amore dei loro ritmi di apprendimento e della loro salute.

«I teenager hanno un orologio biologico differente, dice Terra Ziporyn Snider, cofondatrice di «Start School Later» (Cominciare la scuola più tardi), un gruppo sorto spontaneamente. In Gran Bretagna a iniziare la scuola più tardi qualcuno c’è già riuscito davvero: l’Università di Oxford ha promosso un esperimento che coinvolge oltre 30mila studenti tra i 14 e i 16 anni, che cominceranno le lezioni progressivamente più tardi, fino ad arrivare alle 10 di mattino. Nei test-pilota l’inizio posticipato delle lezioni ha provocato un miglioramento nelle performance accademiche degli studenti tra il 19% e il 50%. Lo studio, dalla durata di quattro anni, potrebbe costituire una vera e propria rivoluzione copernicana nel mondo della scuola. (Il Corriere della Sera)