
Siamo ancora in pieno inverno, ma il dibattito sulle vacanze estive è già caldo in Francia, avviato in questi giorni – come riportato da tutti gli organi di stampa – dalla nuova ministra dell’Éducation Nationale, Elisabeth Borne. La controversa questione, in realtà, torna ciclicamente a infiammare gli animi di docenti, famiglie, alunni e sindacati ogni volta che un nuovo inquilino si insedia su una delle poltrone più scottanti del governo francese. La vexata quaestio riguarda la durata delle vacanze estive, troppo lunghe per i ministri che si sono succeduti negli ultimi anni. Nell’anno scolastico in corso, le “Grandes vacances” – come le chiamano oltralpe – inizieranno sabato 5 luglio e termineranno a fine agosto. Di solito gli alunni ritornano sui banchi il 2 settembre. Totale: otto settimane di vacanze, che il governo vorrebbe ridurre a sei.
Poche sei settimane? Mah, non esattamente se pensiamo che in Francia le vacanze nel corso dell’anno scolastico non mancano: due settimane a cavallo tra ottobre e novembre, altre due a Natale, qualcosina in più di due settimane a febbraio, o tra febbraio e marzo, ancora due settimane nella seconda metà di aprile. In pratica il ritmo scolastico francese è di sette settimane di scuola e due di vacanze.
Un paradiso – sia detto per inciso – per i docenti italiani che sì, possono contare su vacanze estive più lunghe, ma che durante l’anno non hanno altro se non quindici giorni a Natale e sei a Pasqua.
Ma torniamo in Francia. Sei settimane sono troppe, ha affermato la ministra durante un suo recente intervento in Senato, occorre una riflessione che coinvolga tutti quanti gli attori in gioco, docenti, famiglie e sindacati in primo luogo. Come si legge su 20Minutes.fr, secondo Elisabeth Borne, delle pause troppo lunghe incidono negativamente sugli apprendimenti, soprattutto per i ragazzi più fragili che necessitano di una maggiore continuità di studio.
Al contrario, secondo i sindacati, ma anche a giudizio delle famiglie, la questione sollevata dalla ministra serve soltanto a nascondere i veri problemi della scuola francese: difficoltà a reperire docenti per la perdita di attrattività della professione, classi sovraffollate, bullismo e violenza che imperversano di questi tempi un po’ dappertutto in Francia.
Considerato che già durante la presidenza di François Hollande (2012-2017) una proposta di riforma simile era stata bocciata e che, anche dopo, i suoi fautori non hanno avuto miglior fortuna, riteniamo che pure stavolta la ministra dovrà rassegnarsi. Non sono queste le misure che risolveranno il problema del ritardo degli apprendimenti dei ragazzi più fragili.