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Indicazioni Nazionali, Cisl Scuola ironizza: “Ma davvero si pensa che il latino (facoltativo) possa servire a contrastare l’analfabetismo di ritorno?”

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Sulla “piega” che sta prendendo il dibattito sulle Indicazioni Nazionali interviene in queste ore Cisl Scuola con un editoriale pubblicato nella newsletter dedicata ai dirigenti scolastici.
La questione, secondo il sindacato di Ivana Barbacci, riguarda sia il metodo che il merito.
Sul primo aspetto, Cisl Scuola ricorda che già nel giugno scorso, insieme con IRSEF IRFED (associazione riconosciuta dal Ministero per lo svolgimento di attività formative, promossa dalla Cisl Scuola), era stato redatto e diffuso un documento con cui si rispondeva alla richiesta di un contributo di riflessione pervenuta da parte della commissione da poco insediata, richiesta corredata dalla indicazione di alcuni punti ritenuti di prevalente interesse.

Nel testo inviato alla Commissione, Cisl Scuola e Irsef denunciavano “i limiti di una proposizione in termini troppo generici, col rischio di rendere dispersivo e poco produttivo il confronto, mancando punti essenziali di riferimento che solo una proposta definita in termini aperti ed espliciti dalla Commissione potrebbe fornire”.
E ancora: “Si ritiene ineludibile, come premessa a un confronto proficuo e suscettibile di sviluppi costruttivi, poter fare riferimento a una proposta quanto più possibile puntuale, dalla quale si possano evincere chiaramente, senza dover fare riferimento a indiscrezioni più o meno plausibili riportate da organi di informazione, gli interventi di cui il Ministro ravvisa la necessità e per i quali ha ritenuto di nominare una Commissione di lavoro”.
Da allora, però, nulla è accaduto e tuttora il mondo della scuola attende di essere ascoltato.

Nel merito, il sindacato di Ivana Barbacci, osserva che “il grave problema dell’analfabetismo di ritorno difficilmente può essere risolto dall’introduzione, peraltro facoltativa, dello studio del latino nella secondaria di primo grado”.
Rispetto poi al diverso approccio che si starebbe profilando per l’insegnamento della storia (“rivolto a irrobustire il senso di appartenenza a un’identità nazionale e occidentale” scrive il sindacato), sarebbe assai discutibile una proposta che mettesse in discussione il riferimento assai pertinente delle attuali Linee guida al contesto della società del XXI secolo.
Già a giugno, peraltro, Cisl Scuole e Irsef sottolineavano la necessità di “preservare un impianto ideale e valoriale basato su principi della nostra Costituzione e su quelli dell’intercultura, dell’inclusione, di una visione della vita e dello sviluppo umano in termini di globalità”.
E, a testimonianza di questo, il sindacato, riferendosi ad “una testata non ascrivibile a un ambito antagonista” riporta un passaggio di un articolo a firma di Giorgio Caravale pubblicato su “Il Foglio” lunedì scorso: “Quello che negli ultimi venti, trent’anni la migliore storiografia italiana e internazionale ha fatto emergere è che esisteva fin dal Medioevo un intreccio di culture, scambi commerciali, contaminazioni sociali che ha costituito la premessa del mondo globalizzato nel quale viviamo oggi…. Un approccio più aperto al nostro passato è premessa indispensabile per accogliere l’altro che già siede sui banchi di scuola accanto ai nostri figli e nipoti”.