Home I lettori ci scrivono La Corte (In)Costituzionale

La Corte (In)Costituzionale

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Quanto sia classista questo paese, refluo del peggior Sudamerica, è chiaramente evidente dal recente blocco delle assunzioni ATA. Mentre è roboante il battage dell’immissione in ruolo di miriadi d’insegnanti, i bla-bla di deportazioni, storie strappalacrime, invettive incrociate e falsità istituzionali, si ignora del tutto l’espulsione dal mondo del lavoro di miglia di precari ATA, bidelli, amministrativi e tecnici con decenni di servizio pregresso. Perché di questo si tratta: epurazione. Niente assunzioni, niente turn over, supplenze. Perfino il divieto, come paradossale, velenosa e vendicativa rivalsa governativa alla sentenza della Corte di Giustizia Europea, della proroga dei contratti oltre i 36 mesi.

Ulteriore decisione ignobile di governanti malefici. Giornali, riviste di settore, comunicati sindacali – neanche una parola per questi lavoratori di serie B, uomini e donne, madri e mariti perlopiù cinquantenni, ormai fuori dal mercato, condannati proprio per questo ai margini della società, alla povertà e all’abbandono. Ma quel che è peggio è l’ignava, ipocrita complicità dei sindacati confederali, che minacciano sfaceli a tempo scaduto.

Quel che è inaudito, sbalorditivo, exceptio perpetuae, è il rinvio inspiegabile e inspiegato, giuridicamente inconcepibile della Corte Costituzionale, che rinvia sine die la sentenza da mesi in programma che avrebbe dovuto sancire i diritti dei precari. Sine die! Alle calende greche! In quale paese del mondo civile sarebbe stato possibile, rinviare una sentenza di qualsiasi grado senza fissare un termine, una scadenza, un vulnus ad quo?

Nel silenzio pilatesco di costituzionalisti noti e legulei di corte assurti in cattedre d’avorio per meriti misteriosi. Forse solo in un paese in cui la civiltà giuridica, la giustizia e l’equità sociale non hanno più un senso. O forse in un paese in cui Giudici Costituzionali e vertici sindacali, barricati nei loro lustri e scintillanti saloni, condividono come argent de poche stipendi da favola. Quelli che i lavoratori della scuola non percepiscono nemmeno nell’intero arco della vita,