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Ma i nostri 17enni quanto sono internazionali? Poco, però non solo per colpa loro

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Quale valore aggiunto può offrire ad un 17enne un periodo di tempo trascorso all’estero per motivi di studio? Ipsos e Fondazione Intercultura lo hanno chiesto a 800 studenti (e a 400 genitori) che hanno già vissuto questa esperienze. La situazione che emerge è critica: c’è tanta buona volontà, ma pochi mezzi per aprire le proprie porte per conoscere nuove culture. Colpa anche dei professori che non conoscono le lingue straniere. Dalle interviste emerge chiaramente, inoltre, il profilo di una generazione più conservatrice che intraprendente che a parole predica l’internazionalizzazione, ma nella pratica preferisce chiudersi a guscio nelle proprie certezze. E questo malgrado le tante ore passate ogni giorno connessi con il mondo di internet, in particolare sui social network per comunicare in tempo reale con coetanei lontani di loro anche diverse migliaia di chilometri.
Su quanto poco sia ancora internazionale la nostra scuola e sulle possibilità di liberarci da questo tabù, ma anche sui piccoli ma importanti miglioramenti ottenuti negli ultimi anni, si parlerà giovedì 27 settembre a Milano, presso l’Auditorium di Assolombarda, nel corso della presentazione del IV rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’internazionalizzazione delle scuole e la mobilità studentesca.
Davanti a una platea di 300 studenti delle scuole lombarde, prenderanno la parola a una rappresentanza di adolescenti appena rientrati da un anno di studio all’estero nei Paesi più disparati usufruindo delle borse Intercultura: dall’India alla Cina, dal Brasile alla Colombia, dalla Serbia alla Finlandia.