Home Archivio storico 1998-2013 Riforme Maturità a 18 anni? Il dibattito si accende

Maturità a 18 anni? Il dibattito si accende

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La linea indicata dal ministro Profumo nell’Atto di indirizzo per il 2013 è destinata a far discutere animatamente. La priorità politica riguarda sia l’attuazione del sistema nazionale di valutazione, sia la necessità di “adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei”, riducendoli di un anno, e diplomando i giovani a 18 anni anziché a 19.
Per la cronaca, va detto che meno della metà dei Paesi UE terminano gli studi a 18 anni. Precisamente, 13 Paesi terminano il percorso scolastico a 18 anni, tra cui Spagna e Francia; 15 paesi a 19 anni, tra cui Germania e Danimarca. Altri 2 Paesi, fra cui la Finlandia, offrono due opzioni. Insomma è pacifico che non “ce lo chiede l’Europa”. Quali sono allora gli scopi e quali i vantaggi?
Secondo il ministro Profumo, l’operazione consente di destinare le maggiori risorse rese disponibili al miglioramento dell’offerta formativa. Tra i favorevoli ad “allinearci all´Europa” (è questo il cliché impresso nell’opinione pubblica), c’è chi vede una maggiore competitività per i nostri giovani, che in Italia non trovano lavoro e sono costretti a “cercare uno sbocco all’estero”.
Il dibattito si allarga nel mondo della scuola. “Maturi a 18 anni, Vicenza ci sta”, titola il Giornale di Vicenza del 6 marzo scorso. “Una proposta che sposo in pieno, sostiene il dirigente scolastico Edoardo Adorno, rappresentante dell’Anp locale. “Cambiare non solo è possibile, ma necessario. I nostri ragazzi arrivano in Europa con un anno di ritardo rispetto agli altri, non possiamo essere così provinciali da perpetuare questo svantaggio che i giovani pagano a caro prezzo”.
Chi invece “non ci sta” è il segretario provinciale dello Snals, Doriano Zordan. “La riduzione di un anno di scuola secondaria di secondo grado, in questo momento economico, appare fuori luogo”, dice al nostro giornale “L’Europa non ce lo sta chiedendo e non vedo dove possano andare a lavorare i ragazzi che escono un anno prima anche in considerazione che, con il limite di età fissato per la pensione, non esiste certo la corsa al lavoro che non c’è”.
Mai come adesso infatti i giovani sono costretti a prolungare la loro permanenza in famiglia. La disoccupazione è salita al 38,7% e gli occupati spesso si adattano a lavori precari. Non è che l’Europa stia meglio, con i 26 milioni di persone in cerca di lavoro registrati a fine 2012, una disoccupazione giovanile intorno al 24% e nessuna probabilità di miglioramenti socioeconomici per il 2013. Spagna, Portogallo e Grecia stanno molto peggio di noi, pur con i diplomati a 18 anni.
Dunque “gli interessi in gioco sono altri”, continua il sindacalista. Già col riordino del II ciclo le ore di scuola sono state ridotte a 32 settimanali, da 40 che erano nei professionali. Giocoforza “ci sarà un incremento dell’utenza a livello universitario”. Probabilmente è questo che si vuole, visto il pesante calo delle matricole (30.000 nuovi iscritti in meno solo negli ultimi tre anni). Con una differenza però, tutta a carico delle famiglie: 150 euro circa costa l’iscrizione di un anno delle superiori contro i 1.800 euro dell’università.
Altro motivo “è il beneficio economico che ne deriva, col risparmio del 20% di organico della secondaria”. Secondo Profumo, le maggiori risorse disponibili saranno impiegate nel miglioramento della qualità e dei servizi. “Ma quando mai i risparmi derivanti dai tagli sulla scuola sono stati reinvestiti sulla scuola?”, replica Zordan. Resteranno inoltre senza lavoro decine di migliaia di precari.
E infine, “un’altra parte di utenza sarà indirizzata verso gli Istituti Tecnici Superiori oggi in carenza di iscrizioni”, che mediamente costano 4 volte un percorso statale, sono alimentati quasi totalmente da risorse pubbliche, mentre la formazione è curvata sugli standard stabiliti da Confindustria.
Il Ministero finora non ha mai fornito dati finanziari sugli ITS. Approssimativamente, si può ipotizzare un costo intorno ai 500 mila euro per corso biennale, ben superiore ai parametri fissati. 80 sono i corsi attivati nel primo biennio, 2.000 circa sono i corsisti, e i conti sono presto fatti. “Non ce che dire, un bel vantaggio!” conclude il sindacalista vicentino.