Home Didattica Scoprì la fissione dell’atomo. Ma era donna. Una storia da educazione civica

Scoprì la fissione dell’atomo. Ma era donna. Una storia da educazione civica

CONDIVIDI

La fissione nucleare fu scoperta da una donna: Lise Meitner. La sua storia riguarda la scienza e l’educazione civica, perché esemplare degli ostacoli che il genio femminile incontra in un mondo maschilista, razzista e ottuso. Fu vittima dell’effetto Matilda, descritto dalla scrittrice e suffragetta statunitense Matilda Joslyn Gage (1826-1898): quello per cui scoperte e invenzioni femminili sono spesso attribuite ai maschi.

Donna, ebrea, libera pensatrice

Novembre 1878: Lise nasce a Vienna, da famiglia ebrea benestante. Il papà, avvocato, la educa ai princìpi del protestantesimo (come tutte le famiglie della buona borghesia ebraica del tempo). Fin da piccola, Lise è allevata nella cultura e nella libertà. Cresce brillante, orientata al pensiero critico e alla ricerca della verità. Ha sette tra fratelli e sorelle, e nella sua casa si parla di tutto. Il padre ci tiene che le figlie abbiano le stesse opportunità dei maschi. Legge loro libri in greco e latino, incitandole alla lettura autonoma di ogni tipo di testo.

Quando è ancora bambina, la mamma le dice che durante lo shabbath non bisogna cucire, pena il crollo del cielo. La piccola Lise, un bel sabato, presi ago e filo, tutta tremante, si mette a ricamare guardando timorosa il cielo. Ma Dio non la punisce, rafforzando anzi il suo scetticismo e il suo interesse per la scienza.

Quando alle donne era proibito studiare scienze “da maschi”

A otto anni studia di notte un trattato di matematica celato sotto il cuscino. A 14 s’iscrive all’unica scuola permessa alle ragazze: una scuola per insegnare. Diviene docente di francese.

Nel 1901 però le porte del Gymmnasium e dell’Università si aprono finalmente alle donne. Lise, a 22 anni, è una delle quattro ragazze (su 20 coraggiose candidate) che superano il terribile esame da privatiste all’Akademisches Gymmnasium di Vienna, malgrado l’ostilità della commissione esaminatrice. Le candidate han dovuto dimostrare quella perfetta padronanza dei programmi di tutte le materie, che i loro colleghi maschi possiedono dopo otto anni di frequenza obbligatoria e studio durissimo.

Tra le prime donne laureate, diventa una grande scienziata

Si aprono a Lise le porte dell’Università di Vienna, che mai aveva avuto studentesse. Studia filosofia, fisica e matematica. La affascina il carisma del grande fisico teorico Ludwig Boltzmann (1844-1906), che le svela i misteri dell’atomo, alla cui esistenza molti scienziati di quel tempo non credevano ancora.

Nel 1906 Lise, a 27 anni, si laurea summa cum laude in fisica: tra le prime donne laureate nell’impero austroungarico, con tesi subito pubblicata.

Pochi mesi dopo, Boltzmann, geniale docente entusiasta delle proprie scoperte, ma schivo e tormentato, si suicida. Il nuovo direttore dell’Istituto di Fisica teorica di Vienna — in cui Lise lavora non pagata — si occupa di radioattività. Lise approfondisce l’argomento, convincendosi dell’esistenza delle particelle subatomiche, studiate a quel tempo dal tedesco Max Planck e dal danese Niels Bohr. Di giorno insegna in una scuola femminile, e di sera lavora agli esperimenti nell’Istituto.

Gli infiniti ostacoli sulla strada delle donne che vogliono studiare e capire

Chiede l’ammissione all’Institut du radium di Parigi, dove lavora Marie Curie: invano, perché donna. Ma nell’Istituto viennese di Fisica incontra Max Planck, in visita da Berlino. E per Berlino parte nel 1907, per un periodo previsto di sei mesi: vi resterà 31 anni.

Planck non la stima, perché donna, e in quanto donna lì lei non può nemmeno sperimentare: fino al 1909 la Prussia non ammetterà donne all’università. Lise incontra però il chimico Otto Hahn (1879-1968), più giovane di lei di quattro mesi. Con lui studia la radioattività. Lavora gratis. Frequenta il laboratorio di Hahn (negli scantinati) di nascosto, “ospite senza paga”: il chimico Hermann Emil Fischer (1852-1919), direttore dell’Istituto di Chimica, non vuole donne, perché — sostiene — le loro folte capigliature si incendierebbero! Eppure Hahn lo convince delle capacità di Lise, esperta di radioattività come pochi. Ma lei non dovrà farsi vedere se non nel laboratorio: per i bisogni fisiologici userà il bagno di un vicino ristorante. Una donna svilirebbe l’immagine dell’Istituto!

La minaccia definitiva: il nazismo

Dopo le sue scoperte, nel 1922 Lise ottiene la libera docenza; poi la cattedra di fisica nucleare sperimentale nel 1926.

1933: Hitler è al governo della Germania. Lise è di famiglia ebraica; pur convertita al protestantesimo, corre grave pericolo. Nel 1938, dopo l’annessione dell’Austria che la rende cittadina tedesca, fugge in Svezia, assunta all’Istituto Nobel quale ricercatrice, dove resterà fino al 1946. Mantiene contatti epistolari con Hahn.

1939: in un articolo in inglese su Nature — Disintegrazione dell’uranio da parte dei neutroni: un nuovo tipo di reazione nucleare — getta le fondamenta teoriche della fissione nucleare, calcolandone l’inimmaginabile energia liberata. Per arrivarvi, Lise rielabora la teoria di Einstein e gli studi (allora non verificati) della fisica tedesca Ida Noddack (1896-1978).

Madre della fissione, non collaborò alla Bomba, ma lottò contro la sua costruzione

Tuttavia Lise rifiuta — malgrado laute offerte economiche — di utilizzare le proprie scoperte per costruire la bomba atomica. S’impegna anzi contro la costruzione dell’ordigno, distinguendosi per il proprio convinto pacifismo. Scelta esemplare, la sua, per le ragazze e i ragazzi del nostro mondo inquieto.

1945: il Nobel per la chimica non va a lei, ma a Otto Hahn, che durante la premiazione non la cita nemmeno.

Nel 1946 Lise ha ormai 68 anni, e insegna come ospite nelle università degli Stati Uniti. La stampa USA la definisce dal ’45 “madre ebrea della bomba atomica”. Lei s’infuria: ha scoperto la fissione, non costruito bombe!

Muore a 89 anni nel 1968 (come pure Hahn). Tradita e discriminata più volte, non ha mai rinunciato alla propria umanità: lo ricorda l’epitaffio sulla sua tomba, in Inghilterra.